JAMES ELKINS, DIPINTI E LACRIME – BRUNO MONDADORI, MILANO 2009

Cosa fa piangere le persone davanti a un dipinto, si chiede il critico statunitense James Elkins, e soprattutto: succede ancora oggi, in questi nostri tempi aridi e smaliziati, ironici ed eruditi, e nelle nostre gallerie d’arte, affollate e documentate fino all’ipertrofia?
L’autore ha raccolto più di quattrocento testimonianze scritte da individui comuni, accademici, artisti sulla loro partecipazione emotiva alla visione più o meno commovente di un quadro.
Scoprendo che si può lasciare libero sfogo alle lacrime per tanti motivi: perché il dipinto ci può ricordare qualcosa del nostro passato, o un desiderio o una paura rimossa; perché si è delusi nelle aspettative, o perché ci si sente sovrastati dalla magnificenza. “Dipinti e lacrime”, quindi, ovvero “Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro”.

Si sa che Stendhal è svenuto dopo aver visitato Santa Croce, mentre Ruskin, sopraffatto dall’emozione davanti a un Tintoretto, è scoppiato a ridere, e Mark Twain si è divertito e annoiato osservando “il lamentevole relitto del più celebre dipinto del mondo, ’L’ultima cena di Leonardo”.

Lo stesso Elkins racconta di quanto L’estasi di San Francesco di Giovanni Bellini esposta a New York l’abbia turbato dall’adolescenza, costringendolo a tornare a vederla molte volte nel corso della sua vita, finché la mole di informazioni e di studio che aveva accumulato sul quadro finì per soffocare in lui ogni tremito, ogni ansia di assoluto.
Quanto ci possono impressionare, oggi, le tele monocromatiche e disperate di Rohtko nella cappella a lui dedicata a Houston, l’oscurità di un Rembrandt a Amsterdam, i paesaggi solitari e sconfinati di Friedrich, le Madonne medievali nei musei di tutto il mondo? E perché invece non ci commuove più la pittura celebrativa, retorica o edulcorata della Francia settecentesca ?
James Elkins sostiene che tre sono le ragioni che spingono le persone a piangere davanti a un quadro: la consapevolezza dello scorrere del tempo, la nostalgia di Dio, e l’incombere del vuoto e dell’assenza. Se l’arte ci emoziona ancora, il mondo può sperare…

 

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26 ottobre 2016