MAX FRISCH, IL SILENZIO: UN RACCONTO DALLA MONTAGNA – DEL VECCHIO, 2013

È del 1937 questo romanzo breve, o racconto lungo che dir si voglia, dello scrittore svizzero Max Frisch (Zurigo 1911-1991) – altro grande della letteratura europea novecentesca ingiustamente dimenticato. L’editore Del Vecchio l’ha riproposto al pubblico italiano qualche anno fa, con la nitida traduzione di Paola Del Zoppo e un’appassionata postfazione, riccamente informativa, di Peter von Matt.

Il silenzio: un racconto dalla montagna è la seconda opera di Frisch, forse ancora un po’ immatura nello stile, ma già segnata dalla forza polemica dei temi, dal rifiuto di ogni retorica descrittiva, dall’essenzialità nella caratterizzazione dei personaggi. Il giovane autore, dopo la morte del padre aveva abbandonato gli studi di germanistica e si era dedicato, senza particolare vocazione, al giornalismo, per poi iscriversi alla facoltà di architettura. Alle prese con problemi finanziari, sentimentali ed esistenziali, rifletté le tensioni emotive di quegli anni, insieme alle risonanze affettive della sua passione per l’alpinismo, nelle pagine del romanzo di cui ci occupiamo. Il protagonista Balz Leuthold, ricercatore trentenne in cerca di risposte sul suo destino e sul senso del vivere comunemente inteso, sembra essere una sorta di alter ego di Frisch, all’epoca scisso tra due amori e incerto riguardo al suo futuro professionale. Leuthold torna nella valle montana frequentata da ragazzo, deciso a emulare l’abilità sportiva del fratello maggiore che allora lo umiliava, e a mettere se stesso alla prova con una grande impresa: la scalata in solitaria del Nordgrat, mai tentata prima da nessuno. Lo fa cimentarsi con le sue forze fisiche e con il destino, e soprattutto in dispregio della “vita ordinaria” a cui si rassegnano tutti, rinunciando alle passioni vere, alle emozioni forti, in favore di una tranquillizzante e abitudinaria quotidianità.  Il giovane è in procinto di sposare, senza convinzione e senza alcun trasporto, un’ingenua ventenne, Barbara: probabilmente nemmeno lei innamorata, ma spinta al grande passo dalle circostanze, dall’opportunità sociale e dalla famiglia.

In montagna, immerso nella natura silenziosa (“un silenzio senza suono che forse è Dio o il nulla”), Balz Leuthold recupera tutta la sua ansia di libertà e di autenticità, stimolato anche dall’incontro con una ragazza danese, Irene, solare e allegra, che lo sfida all’impresa alpinistica, offrendosi di accompagnarlo nella scalata almeno fino a una certa altezza. I due si piacciono, e forse si amano nella notte gelida trascorsa insieme sotto la tenda da campeggio: Frisch non ce lo racconta, anzi pudicamente interrompe un pudico abbraccio con una serie di lineette grafiche, che possono significare tutto o niente. Sta di fatto che quando la donna si sveglia, all’alba, non trova più il compagno, decisosi virilmente all’arrampicata solitaria. Balz sparisce per tre giorni e tre notti. Una cordata di volontari parte alla sua ricerca, accompagnata emotivamente dall’angoscia di Irene, della fidanzata sopraggiunta dalla città e di tutto il paese.

Non mi sembra giusto rivelare il finale del racconto, guastando la sorpresa di chi volesse leggerlo. Max Frisch, che severamente non vorrà includerlo nei suoi Gesammelte Werke, lo chiude con “una sensazione di grazia e gratitudine”, chiedendosi e chiedendoci se eroismo e sacrificio valgano quanto “l’antica usanza” di vivere.

 

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www.sololibri.net/Il-silenzio-Max-Frisch-146119.html     1 marzo 2017