INGEBORG BACHMANN, VERRÀ UN GIORNO – MARIETTI 1820, MILANO 2009

Di Ingeborg Bachmann (1926-1973), poetessa, scrittrice e giornalista austriaca, la casa editrice Adelphi ha pubblicato quasi tutta la produzione in prosa e in versi, giustamente rendendole il tributo che merita in quanto una delle maggiori autrici europee del secondo dopoguerra. Ma il volume che mi pare giusto segnalare a chi volesse avvicinarsi alla sua produzione, è stato invece edito da Marietti una decina di anni fa, con il titolo Verrà un giorno, e il sottotitolo Conversazioni romane.

Si tratta di un libro illustrato con diverse fotografie che ritraggono l’autrice a Roma, dove lei scelse di stabilirsi, dopo un lungo girovagare in diverse nazioni, a partire dal 1953, e dove trovò la morte nella sua casa di Via Giulia 66, in seguito a un tragico incidente, per le gravissime ustioni provocatele dalla sua stessa sigaretta. La sua fu un’esistenza sofferta e inquieta, segnata da dipendenze dall’alcol e da psicofarmaci, da frequenti ricoveri in cliniche psichiatriche e da molte delusioni sentimentali (tra i suoi amori, si citano come particolarmente importanti quelli con Paul Celan, Max Frisch e il compositore Hans Werner Henze). Il volume riporta la sceneggiatura del film “Ingeborg Bachmann in Italia” girato da Gerda Haller  pochi mesi prima della morte della scrittrice, e ne costituisce così una sorta di testamento spirituale, offrendo ai lettori fondamentali riflessioni sulla letteratura, sulla politica, sul rapporto tra i sessi, e una visione inedita della personalità della Bachmann. A cominciare dalla premessa, con una esplicita dichiarazione d’amore per la sua città elettiva, Roma, dove “le persone sono un po’ più belle e molto gentili”, riescono a non prendere le cose troppo sul serio, sono pazienti e solidali tra loro. Dagli italiani, afferma, ha imparato il modo di vivere, di godere della bellezza del cielo e delle architetture, degli incontri con gente comune o con intellettuali autorevoli: persone capaci ancora di impegnarsi e di lottare (si era nel 1973…).

Ingeborg Bachmann rivela in queste conversazioni il suo consapevole femminismo, la sua ostilità verso il matrimonio e verso qualsiasi costrizione della libertà individuale, e contemporaneamente esprime una visione ingenuamente utopistica sul futuro, destinato a una redenzione universale, all’amore, alla bontà. “Verrà un giorno”, ripete ostinatamente, che riscatterà il genere umano da ogni sofferenza e ingiustizia. Incalzata dalla regista Gerda Haller, pronuncia un credo di ottimismo con i versi della sua poesia più famosa, La Boemia è sul mare: “Io confino ancora con una parola e con una terra diversa, / io confino, anche se poco, sempre più con tutto, // un boemo, un errante, che nulla ha, nulla trattiene, / capace ancora soltanto di vedere dal mare, che è / controverso, la terra della mia Elezione”.

Il libro è introdotto e concluso da due approfonditi contributi critici, di Hans Hōller e di Judith Kasper, che indagano sia le posizioni ideologiche della Bachmann, sia il suo rapporto con la scrittura in versi, ma soprattutto la sua disposizione etica nei confronti del mondo in cui si è trovata a vivere.

 

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https://www.sololibri.net/Verra-un-giorno-Bachmann.html            27 novembre 2018