CHRISTIAN BOBIN, IL DISTACCO DAL MONDO – SERVITIUM, MILANO 2002

Sono state soprattutto le case editrici di ispirazione cattolica (Servitium, Qiqajon, San Paolo, e recentemente la pugliese AnimaMundi) a introdurre in Italia i libri di Christian Bobin, scrittore francese nato nel 1951, che tuttavia non si può definire un autore clericale, o particolarmente fedele all’ortodossia ecclesiastica. La sua è una produzione meditativa e raccolta, di prose poetiche intense, miranti al recupero di una dimensione spirituale dell’esistenza, illuminata da momenti epifanici di grazia, di rivelazione.

Di sé ha scritto: «Quel che si dice in me non sta nei miei libri. I libri sono un controrumore al rumore del mondo. Quel che si dice in me si confida al silenzio, non è altro che silenzio. I libri sfiorano questo silenzio». Il silenzio, la quiete, il ritrarsi da ciò che distrae e confonde, raccogliendosi nell’intimità del cuore, è anche la tessitura tesa alla base di questo libriccino, Il distacco dal mondo, che in ogni pagina condensa un insegnamento sapienziale, senza presunzioni o retorica, quasi che l’autore parlasse tra sé e sé, con scarsa attenzione a un eventuale pubblico di lettori. Non c’è declamazione, né intento pedagogico: solo umile riflessione, indagine del pensiero interrogante.  «Se consideriamo la nostra vita nel suo rapporto col mondo, dobbiamo resistere a quel che pretendono fare di noi, rifiutare tutto ciò che si fa avanti – ruoli, identità, funzioni – e soprattutto non cedere mai nulla della nostra solitudine e del nostro silenzio… Da un lato rifiutare tutto, dall’altro tutto accordare… il mondo s’allontana nel tempo stesso che l’eterno si avvicina, silenzioso e solitario», «L’amore è distacco, oblio di sé… Meglio sarebbe chiederci che cosa ci rende tanto difficile amare qualcuno senza legarlo subito alla nostra vita, il che equivale a domandarci perché ci è così difficile amare».

Christian Bobin invita a ritrovare nel proprio io, gonfio di cose inutili e poco concentrato su quello che conta davvero, lo stesso abbandono fiducioso del bambino che si addormenta nel chiasso della folla, che impara a parlare innamorandosi del suono di ogni vocale, o che si impegna nel suo gioco con la stessa dedizione dei santi. L’unica santità possibile consiste infatti nell’accorgersi del bene, ovunque esso si annidi: lo ha insegnato Francesco d’Assisi, con la sua gaiezza e povertà, con la sua vicinanza a tutte le creature (a lui anni fa Bobin ha dedicato un libro, Francesco e l’infinitamente piccolo). Dovremmo recuperare la leggerezza «dell’uccello che per cantare non ha bisogno di possedere il bosco, nemmeno un solo albero», e la volontà di compiere ogni atto, anche il più banale e quotidiano, con la massima applicazione, perché questa cura verso le cose minime si riflette immancabilmente nell’ordine universale. Consapevoli della nostra inessenzialità, impariamo a conquistare l’essenziale: «Riconosco lo splendore del vero soltanto nella gioia e in quella coscienza di noi stessi che l’accompagna sempre, la coscienza radiosa di non essere nulla».

Autore molto letto e molto amato in Francia, questo poeta del poco, indifferente ai palcoscenici, alle cattedrali e ai salotti, deve ancora ottenere un pieno riconoscimento qui in Italia. Ma per lui anche saper aspettare, senza allontanarsi troppo dalla propria attesa, rimane comunque un privilegio.

 

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www.sololibri.net/Il-distacco-dal-mondo-Bobin.html    13 novembre 2017