PAOLA GALLO JARRE, LA DONNA DAL QUADRO SOTTOBRACCIO – LA LUNA,  PALERMO 1989

Il premio letterario per narrativa inedita La luna. Città di Palermo, giunto alla sua seconda edizione, è stato assegnato lo scorso 3 marzo a Paola Gallo Jarre per il volume di racconti La donna dal quadro sottobraccio. Paola Gallo Jarre, nata a Torino ma residente a Zurigo da più di quarant’anni, è stata prescelta tra 350 concorrenti e invitata alla cerimonia di premiazione, cui era presente anche il sindaco Orlando, per ritirare il volume pubblicato appunto dalla casa editrice La luna. I quattro racconti che compongono il libro fanno parte di un gruppo più ampio di novelle zurighesi, già segnalate in una scorsa edizione del premio Ascona, e hanno come comune denominatore l’ambientazione in una Zurigo soffusa e sognante, guardata attraverso gli occhi malinconici e rassegnati di personaggi in qualche modo sconfitti e comunque sempre lontani dagli stereotipi che inchiodano svizzeri e immigrati in una sorta di museo delle cere. Imprevedibilmente, la solare e letterariamente esasperata Sicilia, così realistica e barocca nella sua narrativa, ha scelto di premiare questi racconti tanto nordici, non solo negli sfondi e nei personaggi, ma soprattutto nello stile di scrittura, lieve e quasi sospeso, lontano da declamazioni ed esclamazioni, quasi pudico nella sua descrizione. I racconti, piuttosto brevi, scanditi in capoversi staccati anche graficamente, propongono al lettore storie (brandelli di storie), stralci di esistenze, squarci di paesaggi mai definiti a tutto tondo: Paola Gallo Jarre rifugge dal rilievo, sembrando invece più attratta dall’acquerello e dalle tinte pastello, più dall’eco spenta dei sentimenti che dalle forti passioni. Il racconto che dà il titolo al libro narra la vicenda di una donna che in diverse fasi della sua vita attraversa enigmaticamente l’esistenza della protagonista, segnandone le tappe fondamentali, dall’adolescenza alla maturità, complice un quadro futurista che appare e scompare come traccia, spia di qualcosa di misterioso e indicibile. La stessa funzione allusiva che in questa storia ha il quadro, nell’ultimo racconto è affidata a una coppia formata da un elegante e maturo signore legato da un sentimento che si intuisce delicato e profondo a un giovane dagli occhi chiari. I due vivono insieme in una villetta di un quartiere residenziale di Zurigo, e il loro originale e ambiguo rapporto, fatto di dedizione e dolcezza, li rende simbolo di una nobiltà d’animo non sempre condivisa dagli altri abitanti della via, ponendoli su un piano di inavvicinabile superiorità. Non appartengono alla classe borghese i protagonisti degli altri due racconti del libro: Maia (una giovane che vive di fragili espedienti, vendendo oggetti usati al mercato delle pulci e affidandosi ad amicizie e amori instabili) accoglie con un’indifferenza quasi animalesca nella sua innocenza anche la nascita del suo biondissimo bambino, cui affibbia il nome pomposo e “remagesco” di Baldassarre: con lui tra le braccia riesce a trovare nella gelida Zurigo una culla di tepore nel giardino dell’Istituto di Agraria, ai piedi di un fico cresciuto quasi per miracolo o per sfida. Nel racconto forse più riuscito, L’astronave non atterra fra le capre, sono invece due immigrati – il greco Salonichì e il calabrese Squalo – a dover fare i conti con l’universo, per loro affascinante e incomprensibile, del consumismo svizzero, osservato dall’alto di un’astronave un po’ particolare: il camion della nettezza urbana, a cui restano appesi tutto il giorno, testimoni impietosi e arrabbiati della crudeltà cittadina, vittime di un progresso che li stritola insieme ai suoi rifiuti.

 

«Agorà» (Svizzera), 12 luglio 1989