GABRIEL GARCIA MARQUEZ, DODICI RACCONTI RAMINGHI – MILANO, MONDADORI 2005

Questi splendidi  Dodici racconti raminghi (Mondadori, 2005) sono stati chiamati così perché scritti e pubblicati dal Nobel colombiano Gabriel Garcia Marquez in epoche e luoghi diversi, lontani tra loro, e concepiti per motivi occasionali, traendo ispirazione in genere da fatti di cronaca in seguito rivisitati e nobilitati con una prosa asciutta ed elegante, e un’empatia ironica e insieme commossa.
Distanti da un certo compiaciuto barocchismo sudamericano che talvolta trapela dalle pagine dei romanzi maggiori, qui Garcia Marquez riesce a trovare un equilibrio perfetto tra distacco del narratore e coinvolgimento emotivo dello spettatore, evitando sempre qualsiasi retorica, qualsiasi pedanteria descrittiva.
I racconti sono del tutto disomogenei per gli ambienti e le località rappresentate, e questo forse ne sottolinea la particolare originalità: ci troviamo i Grand Hotels delle capitali europee come i bastimenti degli emigranti, l’aristocrazia intellettuale e il più umile proletariato suburbano, giornalisti e ambasciatori accanto a ruffiani, ladri e prostitute.
Così ci intenerisce la struggente storia della vecchia puttana comunista che insegna al suo cagnolino la strada per la tomba dove si farà seppellire sapendo che sarà l’unico a visitarla con rimpianto; ci turba la fine tragica e inaspettata della giovane, ricca e bellissima sposina durante il suo favoloso viaggio di nozze; ci sorprende la conclusione dell’estate fuori dagli schemi di una rigida istitutrice tedesca raccontata dai due turbolenti ragazzini che le sono affidati; ci angoscia l’equivoco pazzesco che condanna alla reclusione manicomiale una donna affacciatasi all’istituto «solo per telefonare».

Marquez è come sempre maestro nel fare delle vicende individuali dei suoi protagonisti un affresco corale, e nel trovare nelle abitudini locali di paesi diversi quello che li rende universalmente comuni: amore e morte, fede e superstizione, ingenuità e cattiveria. Perennemente in balia dell’imprevedibilità del caso o della crudeltà dei fenomeni naturali.

 

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26 febbraio 2016