YASUNARI KAWABATA, IL LAGO – GUANDA, MILANO 2015

Ginpei Momoi, protagonista del romanzo Il lago, che Yasunari Kawabata scrisse nel 1954, quattordici anni prima di ricevere il Nobel, è un professore trentaquattrenne di Tokyo, ossessionato da tutte le figure femminili che incontra, al punto di sentirsi costretto a pedinarle, a spiarle, a sognarne non solo il possesso, ma addirittura l’annientamento. Alla base di questa sua nevrosi erotica (tratteggiata dall’autore, come in ogni suo libro, senza alcun cedimento alla volgarità, o alla descrizione esplicita del rapporto sessuale), Ginpei riconosce in se stesso un trauma infantile, risalente al difficile rapporto con la madre, e al rifiuto sentimentale impostogli dalla cugina Yayoi, molto amata e desiderata, con cui usava passeggiare sulle rive gelate del lago del paese. «Sulle acque si addensava la nebbia, celando il mondo fatto di ghiaccio che pareva estendersi all’infinito, al di là della riva». Il gelo introiettato di quel rapporto e di quelle lontane giornate, porta il giovane a reiterare perpetuamente una ricerca di rispondenza affettiva, proprio laddove si suppone inevitabilmente sconfitto. Il complesso insuperabile di avere piedi ossuti e sgraziati, al limite della deformità, lo induce ad attribuire alla scarsa avvenenza del suo fisico qualsiasi sconfitta in campo sentimentale.

Il romanzo si apre, con pagine straordinarie, sull’arrivo di Ginpei in un bagno turco, e sulle cure, attente ma professionalmente neutrali, offertegli da una delicata massaggiatrice: cure che lui accetta con pudore misto a gratitudine, vergognandosi del suo corpo così poco attraente, e senza riuscire a stabilire con la ragazza un rapporto che superi le convenzioni abituali. La stessa cosa gli succede quando casualmente si imbatte in altre donne per strada, arrivando ad aggredirle verbalmente, seguendole con insistenza, o addirittura derubando una delle sue vittime della borsa che lei, spaventata, gli getta contro. L’abilità narrativa di Kawabata consiste nell’accompagnare il lettore alla scoperta dell’esistenza quotidiana di queste figure femminili, rivelandone cause ed effetti, antefatti e necessarie conseguenze: così veniamo poco a poco a scoprire sia una giovanile ed ipotetica paternità indesiderata di Ginpei, sia la seduzione di una sua allieva minorenne che l’aveva portato all’allontanamento dal lavoro e alla sua esclusione – in parte volontaria – dalla società. Attraverso l’interpretazione empatica dell’autore, il protagonista si ritiene autorizzato a giustificare le sue azioni ideologicamente, in modo da potersi assolvere da qualsiasi senso di colpa: «Come sarebbe possibile nell’essere umano il piacere di chi agisce se non esistesse quello di chi subisce?». (Teoria, tra l’altro, avallata dal sociologo Bourdieu nel suo “Il dominio maschile”). La dichiarazione in pectore che Gunpei rivolge alle fanciulle bramate risuona quasi patetica: «Nella prossima incarnazione sarò un giovane con i piedi belli. Tu dovrai rimanere così come sei. Danzeremo insieme un balletto luminoso». Il finale ansiogeno e caotico del romanzo ci sprofonda nella psiche allucinata del protagonista, nelle sue visioni che confondono presente e passato, ricordi veri e incubi: conducendoci verso un epilogo di straniante banalità.

 

© Riproduzione riservata     www.sololibri.net/Il-lago-Yasunari-Kawabata.html    12 gennaio 2017