HANIF KUREISHI, RACCONTI – BOMPIANI, MILANO 2013

Alcuni di questi racconti dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi (1954) coprono poche pagine, altri hanno la rilevanza di un romanzo breve. Quasi tutti ambientati in una Londra crudele e indifferente («Londra era piena di gente drogata, inutile, che non ascoltava quello che gli altri dicevano, ma pensava solo, tutto il tempo, a come poteva distrarsi, non parlava mai di niente di serio, finché poi precipitava»; «Londra sembra essere fatta solo di materiali duri e di polvere che non riesce a poggiarsi; tutto è spigoloso, specialmente la gente».), indagano esistenze ed esperienze disparate, per lo più avvilite e inconsolabili: come imparare a sopravvivere a se stessi, ai propri fallimenti, inventandosi improbabili vie d’uscita, quasi ad accelerare una catastrofe sempre inevitabile. Troviamo quindi lo sceneggiatore cocainomane di successo che invidia le giornate squallide ma non programmate degli scarti umani, ai margini della società; il padre di famiglia fotografo amatoriale che si fa irretire da una coppia voyeuristica; lo scrittore tradito dalla moglie che desidera solo umiliarla e vendicarsi; l’attore che spia l’amante sposata seguendola anche in vacanza con il marito. Personaggi che si assomigliano tutti nella rinuncia a qualsiasi prospettiva di vita felice, annoiati dalla banalità del quotidiano, rassegnati a rapporti fittizi sia nelle amicizie che negli amori, desiderosi solamente di far passare il tempo più velocemente, stordendosi con le droghe o nel sesso più degradato e ripetitivo, in una ricerca morbosa e ossessiva di rapporti affettivi autentici: «La gente si sposta da una moglie all’altra, da un marito all’altro. Una città di vampiri d’amore che girano da persona a persona in cerca di quella che farà la differenza».

Le famiglie, soprattutto quelle inglesi, appaiono spaccate e rancorose, con madri superficiali e distratte, e padri che hanno perso qualsiasi ruolo e funzione educativa.
Kureishi segue i suoi personaggi pedinandoli negli spostamenti fisici, nei gesti quotidiani, nei tic comportamentali: mai, tuttavia, scavando nei meandri della psiche o nei conflitti interiori, quasi a voler sottolineare che i suoi protagonisti vivono solo in superficie, bidimensionali, privi di profondità. C’è, costante, l’esplorazione analitica del corpo e della sessualità, che raramente arriva a essere conturbante, avvolta com’è in un’atmosfera di tragico disfacimento, di indifferente routine quotidiana. Come se l’autore volesse appiattirsi sulla descrizione di una cultura occidentale e cosmopolita oramai priva di slanci vitali, di entusiasmi, di calore umano, e rassegnata alla sua decadenza (l’ultima sezione, è emblematicamente intitolata Il declino dell’Occidente).
Ma non si salva nemmeno la civiltà asiatica importata, costretta a europeizzarsi controvoglia: i contrasti razziali e religiosi implodono nelle coscienze e all’interno delle mura domestiche. Ne è un esempio il bel racconto Mio figlio il fanatico, in cui un taxista indiano ormai integratosi nella vita anglosassone si vede rifiutato dal figlio convertito all’Islam più rigoroso ed estremista: drammatico esempio di due generazioni e due mondi che non riescono più a parlarsi.

 

© Riproduzione riservata     http://www.sololibri.net/Racconti-Hanif-Kureishi.html    1 settembre 2015