PATRIZIA MAGLI, IL VOLTO RACCONTATO – RAFFAELLO CORTINA, MILANO 2016

«Non recidere, forbice, quel volto / solo, nella memoria che si sfolla, / non far del grande suo viso in ascolto / la mia nebbia di sempre». Questi celebri versi tratti da un Mottetto delle Occasioni montaliane mi tornavano alla mente leggendo l’interessante volume di Patrizia Magli Il volto raccontato, indagante “Ritratto e autoritratto in letteratura”. Perché mi sono sempre chiesta cosa Montale intendesse significare, attribuendo al volto dell’amata l’aggettivo (quasi offensivo se riferito a un viso femminile) “grande”. Convincendomi man mano che l’intenzione del poeta non fosse precipuamente descrittiva, ma soprattutto metaforica: un viso “grande” occupa tutta la mente, riempie il pensiero, assedia la memoria più reticente. Scorrendo le pagine del libro di Patrizia Magli (Professore di Semiotica a Bologna e a Venezia), ho trovato una conferma a quella mia estemporanea e sprovveduta intuizione.

Comprendere cosa nasconda o riveli il volto di una persona, sempre unico e complesso, perennemente agito e trasformato dal tempo e dai sentimenti, è arduo per qualsiasi osservatore esterno. Descriverlo letterariamente nei suoi tratti fisici e nei suoi riflessi interiori – sempre elusivi, spesso fraintesi – può sembrare impossibile, a causa dell’inadeguatezza del linguaggio ad afferrare e a rendere l’enigmaticità di uno sguardo, di un sorriso. L’autrice si propone di esemplificare in che modo un romanziere o un poeta possano rappresentare efficacemente la concretezza di un viso, rendendolo vivo e reale agli occhi del lettore, ma evocando nel contempo la storia familiare, le passioni, il ruolo giocato nelle vicende narrate dal personaggio a cui quel viso appartiene. Quindi nei primi due capitoli del volume si forniscono esempi di come la tradizione letteraria mondiale abbia allestito la rappresentazione del volto umano, negli ultimi due – dedicati al ritratto e all’autoritratto nella letteratura contemporanea – si svelano i meccanismi strategici con cui gli scrittori riescono a suggerire (più che a descrivere minuziosamente) cosa si celi al di là delle caratteristiche fisiche di ogni essere umano.

Seguendo le tracce di importanti filosofi, critici letterari, semiologi (dal suo maestro Umberto Eco, a Barthes, Foucault, Bachelard, Lotman, Jakobson, Bruner, Blanchot, Hamon…), Patrizia Magli interroga gli autori classici (soprattutto francesi: Balzac, Flaubert, Hugo, Zola, Sue, fino a Baudelaire, a Proust e a Sartre) che introducono i loro protagonisti principali con una descrizione fisiognomica, in genere tesa non solo a individuarne l’identità morale, ma anche a farne risaltare i tratti oppositivi rispetto alle figure secondarie del narrato. Alla prima, generica presentazione di un personaggio, segue l’introduzione di un dettaglio fisico che lo rende subito unico e memorabile; quindi la definizione del nome, anch’esso scelto spesso con l’intento di creare una corrispondenza esteriore o interiore con chi lo porta. E sembra più facile per qualsiasi scrittore descrivere un volto brutto, deforme, addirittura mostruoso, piuttosto che rappresentare l’armonia e la bellezza, sempre indicibili, ineffabili, più spirituali.

Un personaggio si costruisce, quindi, disseminando effetti descrittivi che ne definiscono l’identità, in un sistema di ricorrenze, ridondanze, continuità che creino coesione con il suo ambiente e con i fatti raccontati. Il gioco che si instaura tra chi ritrae e chi è ritratto risponde a interazioni differenti, di imitazione o idealizzazione, di inclusioni o esclusioni, di coinvolgimento o estraneità: e diventa particolarmente sottile, subdolo, problematico quando l’autore descrive se stesso (la sua faccia, la sua figura), con intento introspettivo ed esplorativo, oppure autocelebrativo, difensivo, narcisistico, terapeutico. L’autoritratto, la descrizione autobiografica diventa allora uno specchio implacabile dei propri difetti, o un quadro edulcorato delle proprie virtù. Spetta allo scrittore, alla sua abilità, registrare nel ritratto e nell’autoritratto la verità di un volto, farne affiorare lo sguardo interiore, raccontarlo nei cambiamenti imposti dal tempo, renderlo indimenticabile nella memoria di chi legge. Chi di noi può scordare gli occhi ridenti e fuggitivi della Silvia leopardiana?

 

© Riproduzione riservata        www.sololibri.net/Il-volto-raccontato-Magli.html     18 novembre 2016

«Lo Straniero» n.197, novembre 2016