MARCO PEANO, L’INVENZIONE DELLA MADRE – MINIMUM FAX, ROMA 2015

Questo non è solo un romanzo scritto bene (cosa di cui, in questi tempi di letteratura sciatta dovremmo già essere molto grati all’autore), ma è soprattutto un romanzo da cui traspaiono con pudore sentimenti che abbiamo timore di riconoscere persino in un libro, oltreché dentro di noi: pietà, dedizione, gratitudine, e insomma in una parola sola, amore. L’amore più inevitabile e radicale, quello che unisce un figlio a una madre che sta morendo. Marco Peano lo racconta senza retorica e senza compiacimenti, quasi a dirci: “è così, ho perso mia mamma e non sono riuscito a salvarla, e adesso sono vuoto, ho paura, mi sento solo, quasi in colpa per esserle sopravvissuto”. Un’agonia straziante e ingiusta, quella di questa dolce signora poco più che cinquantenne, malata di un cancro recidivo, in metastasi progressiva, che lentamente le fa perdere mobilità, parola, pensiero e dignità. Il suo unico figlio Mattia, universitario fuori corso, aspirante cineasta ma lavoratore precario e sottopagato, la cura con l’abnegazione che si può riservare a un neonato, lavandola e medicandola, accompagnandola alle terapie, trepidando per ogni ripetuto intervento chirurgico, ribellandosi alla curiosità morbosa o imbarazzata di vicini e parenti, difendendola da tutto e da tutti: anche da se stessa, dalle paure e dai cedimenti, dalla voglia di andarsene per non soffrire più e per non disturbare più. Mattia si occupa della madre con “tenace commozione”, tentando ostinatamente di trovare rimedi alternativi al progredire della malattia, rifiutandosi di credere all’ineluttabile. Vicino a lui il padre, quasi catatonico di fronte al dolore, e la sua ragazza, affettuosa nel tentativo di distrarlo. Ma niente serve ad allontanare strazio e timore, e l’interrogativo senza risposta: “perché?”. Peano affronta i grandi temi della vita e della morte con una lievità e un’eleganza di stile assolutamente non casuali, né contrabbandabili: com’è doveroso quando si fanno i conti con la sofferenza.

IBS, 4 marzo 2015