ELENA RONDI-GAY DES COMBES, DISSOLVENZE – LUCIANA TUFANI, FERRARA 2014

Questo libro, secondo la prefatrice Maria Rosa Valentini, «non vanta una trama ossuta, ma piuttosto si avvale di un gioco di specchi, di giustapposizioni che pongono in evidenza ritratti e profili di molte donne risucchiate dalle ragnatele della quotidianità». Ambientato in una provinciale cittadina della Svizzera Italiana (l’autrice è ticinese), il romanzo intreccia le storie di cinque protagoniste femminili, diverse per età, carattere e condizione sociale, ma accomunate tutte dalla stessa attenzione verso lo sguardo: soggettivo od oggettivo, interiore o esterno. Quindi l’interesse è focalizzato su quegli oggetti che maggiormente si fanno interpreti dell’atto visivo: la macchina fotografica e lo specchio. La vicenda si apre nella boutique in cui Anna, commessa, offre i suoi competenti consigli alla signora Kramer, cliente assidua ed esitante. La prima, attenta ad interpretare la psicologia delle acquirenti, è una giovane donna appassionata di fiction televisive, pratica e senza particolari esigenze esistenziali: la seconda è una signora della buona borghesia, mediamente infelice e ingessata nel suo ruolo di moglie-madre incapace di ribellioni. Entrambe usano lo specchio, una in modo professionale e distaccato, l’altra come scrutatore dell’anima.
Anna ha una sorella più giovane, Chiara, in grado di muoversi con naturalezza solo nel suo giardino e nei rapporti umani che sa indagare con profonda sensibilità, ma privata della vista per una malattia infantile: cieca quindi verso l’esterno ma attenta osservatrice dell’interiorità.
Le altre due protagoniste sono Lucia e Eileen, legate da un misterioso rapporto di complicità iniziato casualmente da uno scatto fotografico rubato. Ognuna di loro vede nel ritratto fotografico ciò che desidera vedere: la felicità o l’angoscia dell’altra, le proprie proiezioni e aspettative di riconoscimento. Dunque le dissolvenze cui si allude nel titolo del romanzo sembrano soprattutto indicare una difesa dall’aggressione troppo esplicita dell’esistenza.
La fotografia non riproduce la realtà, ma tende a ricostruirla: «Di autentico c’è solo il nostro sguardo iniziale… se l’immagine non corrisponde alla realtà, tanto peggio per la realtà».
Lo stile con cui Elena Rondi-Gay del Combes racconta le vicende intrecciate delle sue protagoniste è curato ed elegante, i dialoghi credibili e funzionali.

 

«Leggendaria» n.105, maggio 2014