ARTHUR SCHNITZLER, FUGA NELLE TENEBRE – ADELPHI, MILANO 1981

Incontriamo il protagonista del romanzo (Robert, consigliere governativo a Vienna) mentre si trova in un albergo su un’isola dell’Adriatico, convalescente a causa di un’imprecisata malattia nervosa, in procinto tuttavia di partire, preso da incontenibile ansia, per tornare in Austria (“Era suo destino ritornare a casa altrettanto depresso come quando ne era partito?”). Quella che da subito sembra delinearsi come una sua tormentante nevrosi, ben presto assume i caratteri più complessi e minacciosi di un delirio ossessivo, animato da sensi di colpa e di persecuzione, incubi e fobie ricorrenti, allucinazioni visive e uditive, che lo avvicinano ineluttabilmente al baratro della follia. In particolare la sua mente sembra attanagliata da due idee fisse: il timore di avere ucciso in stato di incoscienza la giovane moglie ed altre amanti, e il confronto umiliante con la figura del fratello Otto, medico di successo, marito e padre felice, stimato membro dell’alta borghesia viennese. “Credeva di riconoscere che il legame fraterno non solo costituiva per lui la conquista migliore e più pura dell’esistenza, ma anche più in generale, l’unico legame di una naturale e sicura stabilità… Sempre, sin dalla giovinezza, egli si era ritenuto meno importante del fratello maggiore…”. Tornato nella città natale, Robert non riesce a riadattarsi al tran tran quotidiano; si assenta spesso dall’ufficio; trasloca in diversi alberghi; cerca sollievo dalle sue paure in brevi e frequenti viaggi, o in incontri casuali, sempre tuttavia deludenti. Nemmeno il tentativo di ricostruirsi una vita sentimentale con una affascinante e sensibile musicista riesce a placare le sue angosce, che alla fine si risolvono con un omicidio e nell’inevitabile conseguente suicidio. Un Arthur Schnitzler che ben aveva assimilato la lezione freudiana, riuscendo a scandagliare le ombre tenebrose di una psiche malata e infelice.

IBS, 14 marzo 2014