MARCEL SCHWOB, VITE IMMAGINARIE – STAMPA ALTERNATIVA, 1995

Corredato da splendide illustrazioni a colori dell’artista déco George Barbier, questa edizione delle Vite immaginarie di Marcel Schwob ha riproposto, a quasi cento anni dalla prima uscita, le ventidue esistenze (concrete e magiche insieme, storiche e fantastiche) di uomini e donne trasferiti dalla realtà al mito, e così eternizzati attraverso una scrittura elegante e classica, sobria e intensa, capace di resistere all’usura del tempo. Racconti che contrappongono (come intuisce giustamente Omar Austin nella prefazione) “una sostanziale fedeltà alla tradizione… al gusto di prendere in contropiede l’esattezza storica”, perseguendo “l’emblematico e l’irripetibile, un che di astratto e bidimensionale, voluto e consapevole”. I personaggi raccontati appartengono per lo più a un passato remoto: Empedocle (“figlio di se stesso”), Erostrato (“iracondo e vergine”), Cratete (“non si curava di nulla”), Lucrezio (“contemplò l’immenso formicolio dell’universo”), Clodia (“bella e ardente”), Petronio (“piccolo, scuro di pelle e guercio da un occhio”). Alcuni sono medievali: Fra Dolcino eretico (“un ignorante mosso dalla violenza”), Cecco Angiolieri (“povero e nudo come il lastricato d’una chiesa”). E poi pittori, soldati, meretrici, attori. Infine protagonisti di fiabe, come Pocahontas (“Aveva il viso assottigliato, zigomi stretti e grandi, dolcissimi occhi”), o diversi terribili e inconcludenti pirati. Raccontandoli, Schwob ci descrive particolari fisici e morali trascurabili, facendoli subito diventare essenziali e rivelatori, riuscendo a fare dell’effimero qualcosa di sostanziale e necessario. I disegni dai colori pastosi di Barbier accompagnano i testi con aderente creatività, con allusiva e discreta ironia. Un libro da conservare gelosamente.

IBS, 6 marzo 2014