WILLIAM SHAKEAPEARE, NON CHIEDERE RAGIONE DEL MIO AMORE – L’ORMA, ROMA 2016

In una originale ed elegante veste tipografica, l’editore romano L’Orma propone a un prezzo molto conveniente libriccini di autori classici, contenuti in una sovraccoperta trasformabile in busta pronta ad essere affrancata e spedita. Idee regalo, quindi, preziose e finemente curate. La collana, denominata “I Pacchetti”, offre ai lettori testimonianze epistolari di famosi filosofi, artisti e politici di ogni epoca e nazionalità, corredate all’interno da fotografie o immagini poco note al grande pubblico.
Tra le ultime uscite Non chiedere ragione del mio amore, un florilegio di messaggi epistolari tratti dalle opere teatrali di William Shakespeare, che rivelano nuove prospettive di interpretazione dei drammi del Bardo, svelando intrighi di potere, amori turbolenti, foschi drammi esistenziali dei suoi immortali personaggi.
Così scrive il traduttore e curatore dell’antologia Eusebio Trabucchi: «Il teatro di Shakespeare è costellato di lettere: scambiate, scritte, falsificate, sussurrate, fatte a pezzi, declamate ad alta voce. In scena entrano spesso di colpo suscitando negli spettatori un brivido di trepidazione o uno squasso di risa».

Sono quindici i brani scelti, estrapolati da undici opere shakespeariane, e tutti illustrano con fulminea evidenza e vivace dinamismo i caratteri peculiari dei personaggi in scena, sia che siano mittenti, destinatari o semplici lettori delle missive.
Falstaff, ad esempio, rivelando il suo amore a una incredula e sdegnata signora Page, le si rivolge in questo modo: «Non vi dico: abbiate pietà. Non è frase degna di un soldato. Vi dico invece: amatemi. E mi firmo: sono il vostro cavaliere / sia di giorno sia di notte / le mattine e anche le sere / sempre pronto a fare a botte / per difendere vossia». E Amleto così scrive a Ofelia: «Tuo più che mai, signora prediletta, finché questo congegno apparterrà ad Amleto». E a Orazio: «Raggiungimi con la velocità con cui si fugge alla morte». Malvolio, ne La dodicesima notte, legge una sentenza passata ai posteri per la sua lapidaria evidenza: «C’è chi nasce grande, chi la grandezza la conquista, chi invece la riceve in dono».

Artemidoro mette in guardia Giulio Cesare dai congiurati che lo attendono al varco, e Macbeth si rivolge alla sua terribile moglie chiamandola “mia carissima compagna di grandezza”.
Questo volumetto con cui l’editore romano intende celebrare il quarto centenario della morte di William Shakespeare, intitolato poeticamente Non chiedere ragione del mio amore, si conclude con un’ultima lettera, ma di Eugenio Montale, che si rivolge con sublime sprezzo a un Malvolio intellettuale contemporaneo di cui stigmatizza la «focomelia concettuale» e l’agilità nel rimescolare «materialismo storico e pauperismo evangelico».
Tanto per dire che vizi, viltà, accuse e polemiche dell’epoca elisabettiana possono rivivere in qualsiasi epoca e compagine storica.

 

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18 maggio 2016