VALERIA ARNALDI, PER QUANTO TEMPO È PER SEMPRE? – ULTRA, ROMA 2016

Nella collana Filobus, delle edizioni romane Ultra, vengono proposti libriccini di filosofia che raccolgono massime e riflessioni su argomenti etici che riguardano noi tutti, nella quotidianità del nostro vivere e del rapportarci agli altri. La collana, curata da Valeria Arnaldi, ha il pregio di proporre un excursus nel sapere universale che, partendo dai classici greci, arriva a citare testi di canzoni o aforismi moderni, fruibili negli intervalli di tempo che riusciamo a salvare tra un impegno e l’altro, tra una distrazione e l’altra. Spunti di meditazione, quindi, mai banali, sul valore dei sentimenti, delle azioni, delle abitudini a cui affidiamo le nostre giornate. Particolarmente interessante mi è parsa la pubblicazione del volumetto dedicato alla lentezza, modus vivendi da riscoprire nella frenesia imposta dalla società contemporanea e dalla tecnologia, che ci intima di reagire a ogni stimolo visivo e uditivo con velocità iperbolica.

Per quanto tempo è per sempre? Quanto tempo abbiamo a disposizione, dalla culla alla tomba, quanto ne sprechiamo inutilmente, e a quali accelerazioni inutili costringiamo il nostro viaggiare, mangiare, divertirci, collezionando incontri inessenziali, hobby che non ci interessano, esperienze che non ci arricchiscono? Come scriveva Seneca duemila anni fa, il futuro è incerto, il passato immodificabile: l’unico spazio di vita su cui possiamo agire è il presente, che affolliamo di cose superflue, senza riuscire ad assaporarne la bellezza profonda, lasciandolo invadere da fantasmi mentali (ambizioni, confronti, invidie), materiali (rumori, dipendenze di vario genere, passatempi idioti) e fisici (vicini insopportabili, parenti gelosi, amici nemici) che ci derubano dell’unico vero tesoro che possediamo: il nostro tempo. Già l’introduzione di Valeria Arnaldi ci suggerisce considerazioni preziose sull’importanza di riscoprire la lentezza come «consapevolezza della dimensione orizzontale dell’adesso», recupero di un respiro più attento al momento che viviamo, in noi stessi e con chi ci è vicino, rivalutazione dell’attesa e degli attimi vuoti, ritrovamento di un pensiero in grado di riflettere senza precipitare nell’ansia del giudizio e del profitto ad ogni costo, esplorazione del sogno e del ricordo.Oltre alle Lettere a Lucilio di Seneca, miniera sapienziale che andrebbe assolutamente rivisitata, ci troviamo a leggere Castaneda, Kundera e il fisico Carlo Rovelli, Lewis Carroll e Cioran, l’Ecclesiaste e Cesare Pavese. A riconsiderare non del tutto negativo l’ozio rispetto all’efficientismo, la malinconia nei confronti dell’eccitazione, la passeggiata senza meta piuttosto del viaggio organizzato. Magari riascoltando i più suggestivi Adagio dei musicisti classici, e la splendida C’è tempo di Ivano Fossati. Provando a seguire l’indicazione di Sant’Agostino, che definiva il tempo come «un’estensione dell’anima», da indagare lentamente dentro e fuori i suoi confini.

 

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www.sololibri.net/Per-quanto-tempo-per-sempre-Arnaldi.html                 10 dicembre 2017