JEAN BAUDRILLARD, PERCHE’ NON E’ GIA’ TUTTO SCOMPARSO? – CASTELVECCHI, ROMA 2013

Se Leibniz nella sua Grundfrage si chiedeva «Perché l’ente anziché il niente?», riproponendo uno degli eterni quesiti filosofici, il sociologo francese Jean Baudrillard ha attualizzato con indubbia verve provocatoria quell’antico interrogativo del pensatore tedesco chiedendosi, e chiedendo a noi lettori, se per caso la realtà – e l’umanità con essa – non sia già scomparsa, dissolta, volutamente autoeliminandosi dalla creazione, come in un enorme buco nero. Jean Baudrillard scrisse queste pungenti e amare considerazioni nel 2007, pochi mesi prima di morire, probabilmente riflettendo sulla sua prossima fine e sul destino di incenerimento che attende ogni essere e attività umana.

«La specie umana è l’unica ad aver inventato un modo specifico di scomparire, che non ha niente a che vedere con la legge di natura…» Avendo impresso un’accelerazione aberrante a un’evoluzione che non ha più niente di naturale, e avendo accarezzato presuntuosamente il progetto prometeico della gestione dell’universo, l’umanità si è condannata alla sparizione della sua stessa specie, in un inarrestabile processo di autodistruzione: «come se da qualche parte tale destino fosse stato programmato e noi non fossimo che gli esecutori a lungo termine di questo programma».

Insomma, sembra proprio che il mondo non abbia più bisogno di noi, se è vero – come affermano i biologi – che se il genere umano sparisse dalla terra, con lui sparirebbero solo quattro o cinque specie animali (le zanzare senz’altro…), mentre le altre continuerebbero a sopravvivere, forse anche più felicemente. La realtà si trasforma in virtualità, la coscienza individuale si polverizza, il soggetto si disperde, i valori morali si modificano, i comportamenti si uniformano, le culture si amalgamano e risultano indifferenziate. Stiamo vivendo una rivoluzione antropologica a livello planetario, in cui la rappresentazione del mondo sembra arrivata al suo compimento. Il reale, infatti, è stato inghiottito dalla sua riproduzione tecnica, duplicato sinteticamente in un miraggio artificiale.
E qui la riflessione di Baudrillard propone un’azzeccatissima metafora con la trasformazione subita negli ultimi decenni dall’arte fotografica che, diventando digitale, si è «liberata in un colpo solo del negativo e del mondo reale»». Quando il software prevale sullo sguardo, quando spariscono il differito e il distante, e l’immagine viene riprogrammata tecnicamente, ecco che allora la stessa realtà viene riciclata, e ogni rappresentazione risulta adulterata, falsa, illusoria, seriale.
Se scompare il reale, se l’intelligenza diventa artificiale, e se la singolarità è assorbita e annullata nell’universale, a un filosofo apocalittico come Baudrillard non resta che chiedersi: Perché non è già tutto scomparso?

 

© Riproduzione riservata          www.sololibri.net/Perche-non-e-gia-tutto-scomparso.html

9 dicembre 2015