THOMAS BERNHARD, – GUANDA, MILANO 2012

In questo romanzo – – pubblicato da Thomas Bernhard nel 1978, l’autore austriaco esibisce la propria autodistruttiva e bruciante nevrosi attraverso l’invenzione di un alter-ego ossessivamente psicotico, uno studioso di scienze naturali ermeticamente chiuso al mondo e in se stesso, relegatosi volontariamente in un gelido e ottuso paesino di montagna per dedicarsi a sue fantomatiche ricerche scientifiche. Scritto in prima persona, con uno stile logorroico, ansimante e ansiogeno, che riproduce i labirintici percorsi di un pensiero malato, il racconto ci introduce nell’atmosfera asfittica e persecutoria dell’ambiente che aveva fatto dello stesso Thomas Bernhard una vittima e un bersaglio privilegiato.

Il protagonista del racconto, capace di vivere per mesi recluso in casa, in preda ad allucinazioni e a paure paralizzanti, e a “un meccanismo di impotenza vitale e di nausea esistenziale”, solo di tanto in tanto trova il coraggio di uscire per recarsi nell’ufficio del suo unico amico Moritz, un vivace e comprensivo agente immobiliare, disposto ad ascoltare le sue lamentazioni, e a incoraggiarlo nel contempo verso una visione più ottimistica della quotidianità. Qui si imbatte casualmente in una coppia di clienti dell’agenzia, interessati ad acquistare un podere per costruirvi una spaziosa ma isolata casa di proprietà: lui, ingegnere svizzero specializzato nella progettazione di centrali elettriche, lei affascinante e misteriosa signora di origine persiana. Elettrizzato dall’incontro, e desideroso di approfondire la conoscenza con i due nuovi arrivati, lo studioso misantropo recupera subito una parte del suo carattere troppo a lungo rimossa e censurata, e sfogando l’emozione in una corsa sfrenata attraverso il bosco, sotto la pioggia battente, intuisce nuovamente il sapore della libertà, da riscoprire in sé e nel prossimo. Propone quindi alla signora persiana di accompagnarla in lunghe passeggiate nei campi durante le assenze lavorative del marito, e lentamente scopre in questa donna, interessata come lui alla filosofia e alla musica, la possibilità di un’amicizia solidale e sensibile.

La confidenza e le confessioni reciproche fanno ben presto comprendere allo scienziato psicotico che la situazione più tragica non è tanto la sua, quanto quella vissuta da lei: e in questo scoprirsi meno fragile del temuto, e sostegno necessario alla disperazione dell’amica, trova una via d’uscita dalla sua depressione. Lo stile della narrazione si modifica conseguentemente al miglioramento dello stato mentale del protagonista: diventa più rapido e asciutto, più razionale e coerente.
Il sollievo reciproco che i due riescono a concedersi, discutendo di Schopenhauer e di Schumann, si esaurisce però in fretta, illanguidendo in una progressiva e annoiata estraneità: e di questa estrema, irrecuperabile delusione sarà la signora a pagare le conseguenze più tragiche e definitive. “Da me si era aspettata la salvezza, ma io l’avevo delusa. Anch’io ero perduto, come lei, una persona annientata, anche se con lei non l’avevo ammesso, lo sentiva, lo sapeva. Da una persona simile non poteva venire la salvezza”.

 

© Riproduzione riservata       www.sololibri.net/Si-Thomas-Bernhard.html          18 ottobre 2016