LORIS CAMPETTI, MA COME FANNO GLI OPERAI – MANNI, SAN CESARIO DI LECCE 2018

In questa interessante inchiesta sulla condizione operaia nelle fabbriche del Nord Italia, Loris Campetti (per quarant’anni redattore de Il Manifesto) indaga le ragioni che hanno portato i lavoratori dell’industria non solo a una indubbia precarietà occupazionale ed economica, ma anche a una marginalizzazione del loro ruolo culturale, sia nella società sia all’interno dei partiti che tradizionalmente li rappresentavano.
Campetti in Ma come fanno gli operai ha raccolto decine di testimonianze tra giovani e meno giovani, specializzati e generici, rassegnati o rabbiosi, in stabilimenti in crisi come in aziende modello e competitive (dalla Luxottica alla Fincantieri, dalla Brembo alla Beretta, dall’Agusta all’Aermacchi, dalla Maserati all’ex Pininfarina), evidenziando come il disagio dei salariati stia aumentando a livello individuale e collettivo.
Di ognuna delle aziende visitate traccia le origini e gli sviluppi, elencandone le varie sedi sparse nel mondo, il numero delle maestranze, gli sbocchi del mercato, i risultati tecnologici raggiunti.
Pur nella differenza dei casi citati, appare simile la situazione economica degli intervistati, tra coloro che vantano lauree scientifiche, come tra gli informatici e i progettisti meccanici: uno stipendio mensile che si aggira dai 1300 ai 1800 euro, un premio di produzione annuale che in genere non supera i 5000 euro, nessuna copertura sanitaria, scarse possibilità di carriera, pressanti richieste di mobilità all’interno dei reparti. Comune è anche la disposizione ideologica, molto critica nei riguardi della politica renziana e del PD, rancorosa verso il jobs act, la riforma Fornero, la cancellazione dell’articolo 18; propensa invece alla novità rappresentata dal M5S, e sensibile all’insofferenza leghista per l’immigrazione. Si avverte tra i lavoratori un’omologazione al pensiero dominante, un individualismo crescente e il venire meno della solidarietà di categoria: il compagno di squadra viene spesso percepito come un minaccioso rivale, l’extracomunitario come un corpo estraneo eccessivamente tutelato. Il sindacato è vissuto in genere come un apparato burocratico indifferente ai reali bisogni degli operai, proiettato invece verso la negoziazione politica e parlamentare, con l’unica eccezione per l’agire concreto e fattivo della Fiom.
Gli esempi offerti da Loris Campetti sono numerosi e vari: dai dipendenti delle Coop emiliane fallite e finite in tribunale, ai rider di Foodora che consegnano la pizza o la spesa a domicilio, arruolati con un sms e pagati a cottimo; dagli elicotteristi di Finmeccanica super-specializzati al personale garantito dal welfare d’eccezione della Luxottica, fino al cassaintegrato cinquantenne e alla facchina con preparazione universitaria che hanno visto crollare l’utopia cooperativa a Reggio Emilia.
Emblematico è il racconto del ventunenne Federico, operaio interinale del weekend (inchiodato alla catena di montaggio solo di sabato e domenica, senza diritto alla mensa e agli straordinari) alla Brembo (BG), leader mondiale dei sistemi frenanti. Federico frequenta l’università a Milano, sogna di diventare ingegnere musicale, di specializzarsi a Londra per poi emigrare negli USA o in Canada, ma accetta una sottoccupazione per motivi di pura convenienza e sopravvivenza. Nessun giovane condivide più la simbiosi con la fabbrica, l’amore viscerale per il marchio dell’azienda nutrito dai genitori e dai nonni: i ragazzi lavorano per vivere, e non viceversa, delegando i propri momenti di felicità al tempo libero, ai viaggi, alla musica, all’amore.
Il volume si conclude con alcune considerazioni amare e perplesse sul mondo del lavoro così come si presenta oggi, e sulle sue prospettive future. Attualmente l’ideologia del mercato e del profitto ha sostituito l’ideale di mutualità e solidarietà, inteso come strumento trasformativo della società; salute, anzianità e sicurezza sul posto di lavoro non sono più garantiti; la competizione tra occupati, sottooccupati e disoccupati anima risentimenti; le assunzioni sono perlopiù a termine; l’attenzione ai consumatori ha prevalso su quella dovuta ai produttori, e la politica si è consegnata a un neoliberalismo sfrenato.
«L’insicurezza produce paura e la paura può diventare il catalizzatore di una guerra tra poveri», cioè tra personale assunto a tempo indeterminato e nuovi schiavi. Un progetto collettivo di cambiamento può sorgere forse da un diverso modello di sviluppo, dalla sensibilizzazione individuale ai diritti di tutti i lavoratori, dalla rinascita consapevole delle organizzazioni sindacali.

 

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https://www.sololibri.net/Ma-come-fanno-gli-operai-Campetti.html          18 aprile 2018