SERGIO GIVONE, STORIA DEL NULLA – LATERZA, BARI 1995

Scrivere un libro sul nulla, come concetto che percorre tutta la storia del pensiero occidentale, ha senso? Scrivere, cioè, proprio sul nulla assoluto, su ciò che non è, sul non-ente (e non sull’assenza, la mancanza, il nulla relativo; o su quel nulla particolare, storicizzato, che è il nichilismo): è possibile?
L’ha fatto il filosofo Sergio Givone, raccogliendo in  Storia del nulla (Laterza) saggi che spaziano dai presocratici ad Heidegger, da Leopardi a Celan, e indagano appunto ipotesi filosofiche e suggestioni letterarie riguardanti il non-essere.
La tesi di Givone (ripresa in parte da Severino, ma per giungere a conclusioni antitetiche) è che il concetto del nulla sia il grande rimosso della filosofia occidentale, quasi un fenomeno carsico che si affaccia alla riflessione teorica a distanza di secoli, là dove logica (che vieta di pensarlo) e metafisica (che lo nega) cessano di esorcizzarlo, cancellandolo come alternativa all’essere; mentre si ripropone nelle filosofie che ammettono il nulla come fondamento dell’essere, ed esplorano un’ontologia della libertà che da Plotino attraverso Schelling arriva al nostro Pareyson.
Il nulla indagato da Givone non è una forma di negatività opposta all’essere (non ricalca, quindi, la Grundfrage di Liebniz: «Perché l’ente anziché il niente?»), bensì il principio di libertà che permette all’essere la scelta fondamentale tra l’esistere e il non esistere.
Il nulla, dunque, come libertà estrema; luogo per eccellenza di tutto ciò che è possibile: un nulla che assomiglia non poco a Dio, «all’abisso della libertà» che alcuni chiamano Dio.
Questo «discorso temerario» mutuato da Luigi Pareyson, che approssima scandalosamente Dio al nulla, in un’esperienza vorticosa coniugante perdizione e salvezza, non è tanto interessato a un percorso di fede, o a un’attribuzione di verità al Dio cristiano piuttosto che al Dio della tragedia greca.
Scegliere Dio è scegliere il senso dell’essere, la libertà, e quindi il nulla che ne è il fondamento. Filosofia e religione accomunate dalle stesse emozioni (stupore, gioia, angoscia di perdita, orrore della fine) di fronte al miracolo dell’esistenza, combattono in Givone la stessa battaglia contro l’indifferenza del nichilismo, che oscura il senso dell’essere e condanna l’uomo all’assenza di scopo, alla pura apparenza.

 

«L’Arena», 20 maggio 1996