RAZMIG KEUCHEYAN, I BISOGNI ARTIFICIALI – OMBRE CORTE, VERONA 2021

L’ultimo volume di Razmig Keucheyan pubblicato in Italia si intitola I bisogni artificiali, e riporta un sottotitolo esplicativo: Come uscire dal consumismo. Keucheyan, nato in Svizzera nel 1975, è docente di sociologia all’Università Paris-Descartes. Famoso in Francia per essere uno dei massimi conoscitori dell’opera di Antonio Gramsci, è redattore delle riviste Contretemps e Actuel Marx, ha pubblicato numerosi testi di critica politica, di ecologia e di pratiche di resistenza sociale. Dal 2008 è membro del Nouveau Parti anticapitaliste. In Italia è stato pubblicato nel 2019 – sempre da Ombre Corte – il suo La natura è un campo di battaglia, che affronta il fenomeno del razzismo ambientale e della geo-strategia climatica, secondo cui il capitalismo internazionale concorre alla catastrofe ecologica grazie a strategie di profitto finanziario, localizzando le discariche di rifiuti tossici nelle aree povere del mondo, e adottando risposte militari per frenare le migrazioni dovute al surriscaldamento globale.

In quest’ultimo volume si analizza invece in maniera critica e appassionata il problema del consumismo che, corrompendo abitudini e coscienze degli abitanti del pianeta-Terra, induce in loro bisogni artificiali sempre nuovi, destinati a rimanere insoddisfatti e continuamente replicati. Già vent’anni fa Zygmunt Bauman indicava nella gratificazione dei desideri stimolata dal consumismo l’esigenza capitalistica di mantenere alta e sempre inappagata le domande degli acquirenti, pena la stagnazione economica del mercato internazionale. Razmig Keucheyan riprende ed estremizza le tesi del pensatore polacco, facendo proprie anche le istanze espresse da numerosi filosofi e sociologi contemporanei (Jean Baudrillard, Serge Latouche, Amartya Sen, Pierre Bourdieu, Bruno Latour …), polemicamente avversi alla sovrapproduzione delle merci e alla loro idolatria.

Scegliendo come esergo una frase di Karl Marx, “Una rivoluzione radicale può essere soltanto la rivoluzione dei bisogni radicali”, in otto capitoli (alcuni a tema, dedicati all’inquinamento luminoso, al consumo compulsivo e alla garanzia dei beni, altri più teoricamente collegati alla filosofia politica marxista), l’autore si propone di distinguere i bisogni legittimi, derivati da effettive necessità di mantenimento personale e sociale, da quelli egoistici e indifendibili dal punto di vista della salute pubblica e del sostentamento planetario.

“Chiamo artificiali i bisogni che, da un lato, non sono ecologicamente sostenibili, che danno luogo a un sovrasfruttamento delle risorse naturali, dei flussi energetici, delle materie prime; dall’altro, i bisogni che l’individuo o la collettività sentono che in qualche modo danneggiano la soggettività, i bisogni che non danno luogo a forme di soddisfazione duratura. Bisogni alienanti, in un certo senso. L’ossessione per l’ultimo ritrovato della tecnologia, per l’ultimo capo di abbigliamento, per l’ultimo modello d’auto, questa ossessione per la novità insita nel sistema capitalista è una delle dimensioni del carattere artificiale dei bisogni”. Esistono infatti bisogni biologici assoluti (mangiare, bere, ripararsi dal freddo), bisogni qualitativi e radicali (culturali, affettivi, sessuali) e bisogni standardizzati creati per rispondere alle richieste di consumatori divenuti essi stessi standardizzati nelle aspirazioni, nei gusti, nei modelli di vita.

Partendo dall’enunciazione delle attuali forme di alienazione individuale e di distruzione ambientale, Keucheyan ricostruisce il percorso storico dello sviluppo economico nelle società capitalistiche, con le relative interpretazioni critiche (Karl Marx, Antonio Gramsci, André Gorz, Agnes Heller), per passare quindi a un’analisi dei comportamenti soggettivi delle persone ostaggi di bisogni artificiali. Nel creare rapporti feticistici con gli oggetti di consumo, anche l’individuo-cliente viene trasformato in merce sfruttabile, illuso nel desiderio di prestigio sociale, di accettazione da parte della comunità di appartenenza, di adeguamento conformistico al lifestyle imposto dai media. “L’oniomania, vale a dire la mania dell’acquisto, compare nell’ultima versione del DsM (2013, il “DsM-5”) sotto la denominazione “disturbi del controllo degli impulsi”, assieme alla cleptomania, alla piromania e al gioco d’azzardo. Viene spesso stabilita una vicinanza con i disturbi ossessivo-compulsivi e i disturbi della personalità”. Una vera e propria malattia, quindi, alimentata prepotentemente dall’utilizzo di internet, che permette di comprare qualsiasi cosa, a qualsiasi ora, senza uscire di casa, utilizzando forme di pagamento “astratte”, per potersi avvicinare nel momento del possesso a un sé idealizzato e a un mondo da cui ci si teme esclusi, ma entrando così in un circuito di sentimenti incontrollabili: eccitazione, senso di colpa, rabbia, euforia, frustrazione. Senza poi riuscire a godere affettivamente dell’acquisto, e venendone invece indotti a cercare articoli sostitutivi più nuovi e appaganti.

L’indagine dell’autore si sposta poi dalle abitudini degli utenti alla realtà oggettiva del mercato e alla produzione industriale oggi caratterizzata da serialità, livellamento, concorrenzialità, organizzazione gerarchizzata del lavoro intellettuale e manuale, tipiche di un cosmo-capitalismo produttivista e consumista, che per mantenere i propri livelli di profitto utilizza i canali della pubblicità, del credito finanziario, dell’obsolescenza dei prodotti da sostituire in continuazione. Molto interessante risulta l’excursus sulla nascita, lo sviluppo e le clausole legali del concetto di garanzia che si accompagna alla vendita dei prodotti.

In conclusione, gli effetti del consumismo esasperato sono numerosi e deleteri: l’aggravarsi della crisi ambientale, lo spreco di materie prime, la dequalificazione del personale addetto alla produzione e al commercio, la dipendenza psicologica dei clienti, l’alterazione dei rapporti interpersonali e il decadimento di valori fondanti nella vita comunitaria.

Per limitare le conseguenze negative di questo sfrenato accaparramento di “cose”, Razmig Keucheyan propone un progetto politico in grado di mobilitare grandi settori sociali e culturali (e in primo luogo le classi popolari), attraverso coalizioni di consumatori capaci – con interventi organizzati di discussione, educazione e dissuasione – di consapevolizzare le persone sulla disutilità di accumulare beni materiali che non rispondano a effettive esigenze vitali: sensibilizzandole a modificare le proprie abitudini di acquisto, e convincendole a scegliere prodotti durevoli ed “emancipati”, con requisiti di sostenibilità ambientale, eticamente attenti alle condizioni di produzione dei lavoratori e delle aziende.  “Si tratta di ripristinare il ‘repertorio d’azione’ delle associazioni dei consumatori più combattive: etichette sindacali, liste bianche, boicottaggio, buycott, denuncia della pubblicità ingannevole, testing ecc.”, solidarizzando con le maestranze della logistica, costrette a turni di lavoro massacranti per ottimizzare i profitti delle grandi multinazionali delle e-commerce.

 

© Riproduzione riservata        «Gli Stati Generali», 12 aprile 2021