SILVIA PARESCHI, I JEANS DI BRUCE SPRINGSTEEN – GIUNTI, FIRENZE 2016

Il mito americano, così com’è stato vissuto, alimentato e condiviso da generazioni intere in tutto il mondo dall’800 a oggi, recupera una sua voce vivace nelle pagine del libro di Silvia Pareschi I jeans di Bruce Springsteen, sospese tra il reportage e il resoconto diaristico, emozione e denuncia, nostalgia e irritazione, fascino e disinganno. Gli Usa, e in particolare la California, e in particolare San Francisco ‒ con il sottofondo di musica rock, blues, gospel o jazz, e le voci di Nina Simone e Grace Slick – raccontati da chi li conosce benissimo, perché ci vive e ci lavora da molti anni, traducendone gli scrittori più famosi per importanti case editrici italiane: Jonathan Franzen, Don DeLillo, Cormac McCarthy, Denis Johnson…

Silvia Pareschi alterna narrazioni di esperienze personali ad animate descrizioni paesaggistiche, risentiti commenti politici a dialoghi con personaggi tanto stravaganti da sembrare inventati. Così leggiamo divertiti di lezioni yoga in stanze affumicate dalla marijuana, bar gay frequentati da armoniosi ballerini e rudi camionisti, sozze lavanderie a gettone in cui si perdono slip e calzini, dentisti esosi, fast food automatizzati, uffici insonorizzati, decappottabili sportive e scassati pick-up, studi cinematografici specializzati in porno e chiese metodiste che organizzano mense per i poveri. La California che esce da queste pagine appare sempre più dominata dai techies, giovani automi che lavorano per i Big Five (Facebook, Google, Microsoft, Apple, Amazon), guadagnando stipendi astronomici; anche San Francisco appare stordita da una rivoluzione culturale che ne ha trasformato i lineamenti: “Dev’esserci qualcosa nell’aria, la polvere delle ossa dei cercatori d’oro che si mescola al vento dell’oceano e crea un’alchimia che rende tutto estremo, libertà, follia, genio, ricchezza, miseria. E tutti vengono qui attratti dall’estremo, ma dopo che hanno smesso di diventare beat, hippy o predicatori folli sono tornati a cecare quello che cercavano i cercatori d’oro: la ricchezza”.

Non solo dollari, però, non solo finanza fanno degli States il continente che più di ogni altro nutre l’immaginario collettivo mondiale. Ci sono dissestate autostrade a cinque corsie, città affollate e villaggi abbandonati, solitudini estreme di zone desertiche, foreste con querce enormi e sequoie, oceani e fiumi impetuosi, uragani catastrofici, monti in cui scorrazzano coyote, orsi e puma, l’urbanizzazione più sfrenata e la wilderness più primitiva, l’intellettualismo più snob e il fanatismo delle sette religiose.

E poi c’è lui, il mito dei miti: Springsteen, che fece toccare “vette di estasi mistica” a Silvia Pareschi adolescente, al punto da indurla a percorrere centinaia di miglia, coast-to-coast fino al New Jersey e alla città natale, Freehold, per  visitarne la casa, la scuola, la pizzeria preferita, e infine il sarto, da cui ottenne in regalo un paio di jeans scoloriti, appartenuti al divino. Taglia 38. Magari Bruce li indossava a dodici anni: reliquia comunque preziosa.

 

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https://www.sololibri.net/I-jeans-di-Bruce-Springsteen-Pareschi.html              4 marzo 2019