GIULIANA PISTOSO, STORIE INQUIETE E DISORIENTATE – LUCIANA TUFANI EDITRICE, FERRARA 1996

C’è una memoria storica, pubblica, collettiva, che appartiene ai libri, ai film, ai documenti; e c’è una memoria privata, personale, che si riscopre nei diari, negli album fotografici, nelle conversazioni tra amici. A volte capita che le due memorie si intreccino, si accavallino, una apparendo più veritiera dell’altra, una sconfessando l’altra, o stranamente coincidendo.

Nel caso di Giuliana Pistoso (Verona, 1923-2005), scrittrice ed editrice veronese, i fili della memoria, politica e individuale, hanno creato un ordito compatto, in cui il privato si fa pubblico, la voce singola assume l’incisività e il peso del coro. Le sue Storie inquiete e disorientate si aprono con un’epigrafe di Gary Taylor: “Noi siamo quello che ricordiamo”, a ribadire appunto la reciproca compenetrazione tra passato e presente, il fatto che veniamo stratigrafati dai nostri ricordi. Nella prima sezione, A proposito di memoria storica, cinque racconti non nascondono l’ambizione di farsi voce collettiva nel cantare gli anni difficili dell’Italia del fascismo, della resistenza, del dopoguerra, e di un Veneto quanto mai periferico, lontano dai riflettori odierni che lo fanno protagonista attivo del miracolo economico.

Si parte con un iniziale, esilarante e amaro, Mini-dizionario veneto, in cui l’autrice si sofferma sul destino disgraziatissimo delle ragazze nate negli anni ’20, vissute tra emarginazione e omertà, pregiudizi e ignoranza, schiacciate dagli eventi bellici e da un’educazione che tendeva a farne in eterno delle minorate sotto tutela. Ecco quindi il vocabolarietto, divertente e irritato, dei luoghi comuni, dall’Avvenire (“Stai attenta a non rovinarti l’Avvenire”), a “Bellezza”, a “Intelligenza”, a “Pantaloni”; insomma di tutto un po’ quello che si addiceva o no a una ragazza perbene. Si parte da qui, dunque, per arrivare magari a scoprire che, in provincia, le cose non sono poi cambiate di molto, nel corso dei decenni. Altri racconti di questa prima sezione hanno uno spessore autobiografico più evidente, lasciando intuire una sofferenza non del tutto sedimentata. Uomini e donne in guerra, famiglie squassate da casi imprevedibili, una quotidianità messa a soqquadro da malattie, perquisizioni, violenze di ogni tipo. E una ferita (quella profonda, storica, di un conflitto che ha martoriato milioni di innocenti senza una giustificazione credibile), una ferita che diventa marchio perenne, incurabile (“E capì finalmente che era in guerra, che una parte di lei lo sarebbe stata per sempre, che non avrebbe dimenticato, davvero, non avrebbe dimenticato mai”).La seconda parte del volume (Cose così) racconta il tentativo di recuperare una normalità a lungo inibita: gli studi di giurisprudenza, contestati dall’ambiente retrogrado; la collaborazione ai periodici Rizzoli, con le invidie e i ricatti che un impegno del genere poteva destare in un ambiente ristretto e maschilista; il matrimonio e le amicizie in una città di provincia. La penna di Giuliana Pistoso sa farsi leggera e ironica nel descrivere una disinfestazione dalle pulci, o il rapporto problematico con un’ingenua donna di servizio di montagna; sa dimenticare per un attimo lo sdegno civile e i dolori di una comunità per farsi interprete di momenti ovvi, domestici, capaci di sorriso indulgente. Lo fa con il tratto che le è peculiare, un’asciuttezza e vivacità di stile che rende tutte le pagine del volume, dalle più risentite alle più pacificate, piacevoli ed eleganti. La Pistoso, oltre ad avere fondato la prima casa editrice femminista italiana, Essedue, e la rivista SEL, – importante magazine internazionale di studi epigrafici e linguistici del Vicino Oriente Antico -, è stata romanziera e traduttrice,  autrice di importanti biografie storiche (su Robespierre, in particolare) e di saggi di storia delle religioni.

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https://www.sololibri.net/Storie-inquiete-disorientate-Pistoso.html       24 marzo 2020