POESIA, MENSILE DI CULTURA POETICA – Anno I, numero 1- CROCETTI; MILANO 1988

Quasi tutte le riviste italiane di un certo livello culturale (da Alfabeta a Il piccolo Hans a Linea d’ombra) riservano uno spazio limitato, ma di prestigio, a quel genere particolare di comunicazione letteraria che è la poesia. Come a dire che al pubblico che legge versi – sempre più striminzito ed esigente, agguerrito anche se in via d’estinzione – va riconosciuto il diritto all’esistenza che ormai non si nega nemmeno agli esemplari animali più rari, ancorché patetici e talvolta bruttini. Poiché insomma la poesia non serve a niente, e tuttavia non fa male, la cultura ufficiale assume nei suoi riguardi atteggiamenti spesso protettivi e paternalistici, come con certi placebo, e con certi partitini ambientalistici: ben attenta però a non concederle più di tanto, che non si sa mai… Stando così le cose, suscita curiosità e ammirazione la decisione temeraria di pubblicare una rivista per addetti e appassionati, dilettanti e professionisti, che si intitola semplicemente Poesia, e chiarisce il suo scopo nel definirsi «mensile di cultura poetica». Edita da Crocetti (raffinato traduttore dal greco moderno, e diffusore benemerito di eleganti volumi di versi), diretta da una delle voci più originali della giovane poesia (Patrizia Valduga), questa rivista si rivela subito ambiziosa e nuovissima, decisa nel voler informare e formare insieme lettori più sensibili al discorso poetico. Ricca di rubriche graffianti («Plagi», ad esempio, che in questo numero uno dà a Rebora quello che è di Rebora, appannando un poco gli Ossi montaliani…), di interviste meno calibrate e diplomatiche di quelle solitamente in uso tra accademici (incide, il critico Pier Vincenzo Mengaldo, arguto anche nella foto), mi sembra offra il meglio di se stessa nel porgere ampi spazi alla poesia da scoprire. Molti gli stranieri antologizzati (tutti, rigorosamente, con testo a fronte; anche l’indiano Shahryar, che non so quanti siano riusciti a leggere nell’originale. Io, comunque, ho imparato come si scrive “amici” in lingua Devnagri…). E poi la poesia in dialetto, molto ben rappresentata da Raffaello Baldini, poeta e critico di se stesso. Numerose pagine sono riservate poi al rapporto poesia/musica e poesia/traduzione. Di taglio limpidamente giornalistico i servizi fotografici, con i vari poeti finalmente e più volte immortalati, messi a confronto: allucinati e rabbiosi (Attila Jözsef – Gunnar Ekelöf), ispirati (Held – Atencia), professorali (Baldini). La rivista si apre e si chiude con due interventi filosofici, dello psicanalista Ignacio Matte Blanco, che definisce poco originalmente la poesia come «pensiero imbevuto di sonorità musicale», e di Platone, che nel libro X della Repubblica metteva in guardia dagli effetti nefasti che deriverebbero alla società dal praticare poesia e poeti…

«Agorà» (Svizzera), 9 marzo 1988