Tzvetan Todorov, L’identità europea – Garzanti, Milano 2019

“Il continente europeo porta il nome di una giovane, Europa, di origine straniera, senza radici, un’immigrata involontaria: abita ai confini, lontano dal centro delle terre, su un’isola. Il pluralismo delle origini e l’apertura agli altri sono diventati l’emblema dell’Europa”.

Così Tzvetan Todorov, in un piccolo libro del 2009, L’identità europea, giustamente riproposto da Garzanti in quest’anno di elezioni. Todorov (Sofia 1939-Parigi 2017) è stato un critico letterario, un linguista e un saggista di fama internazionale, che nei primi anni della sua carriera ha contribuito a diffondere in Europa gli studi dei formalisti russi, basilari nell’influenzare la cultura strutturalista degli anni Sessanta. Trasferitosi a Parigi nel 1963, intorno agli anni ’80 prese le distanze dalla critica scientifica del testo per orientarsi verso interessi storici, antropologici, artistici ed etici, aprendosi al dialogo tra diverse culture e all’incontro con l’«altro». Per un trentennio esplorò eventi di cronaca e storia europea e americana, riflettendo su democrazia e totalitarismo, su civiltà e barbarie, sui destini del nostro continente di fronte al multiculturalismo e alle migrazioni.

Appunto di quest’ultimo problema si occupa nel testo in questione, indagando le motivazioni che hanno spinto nel dopoguerra alcune nazioni a fondare l’Unione Europea, e le prospettive con cui essa si propone oggi di rinsaldare i propri principi costituenti, potenziando la sua influenza nel mondo. Se è vero che la UE costituisce una realtà sul piano economico, giuridico e amministrativo, è altrettanto vero che non riesce ancora a giocare un ruolo di primo piano tra le grandi potenze, assediata com’è dai colossi americani, russi e cinesi e dalle aspirazioni sovraniste di alcuni stati membri.
Todorov suggerisce che potrebbe essere la cultura a dare un impulso supplementare al ruolo politico del nostro continente: culla della filosofia, della poesia, dell’arte e della musica già dall’antichità, patria di geni universali, cementata da un’uguale spiritualità e sensibilità religiosa, resa incredibilmente unica da capolavori architettonici e plastici, aperta a influenze di pensiero provenienti da realtà lontane nel tempo e nello spazio, crocevia di scambi commerciali.

L’associazione tra i vari paesi è stata resa possibile dalla loro disposizione geografica, con distanze facilmente superabili e un territorio frammentato da mari, monti e fiumi che preserva l’autonomia e l’autogestione, garantendo l’indipendenza dei singoli stati ed evitando qualsiasi tentazione di sopraffazione da parte dei più forti o l’instaurarsi di un potere antidemocratico, come già avevano intuito Hume, Montesquieu e Voltaire. Differenze sostanziali che rendono invece più difficoltosa l’aggregazione solidale tra i 28 paesi sono il grande numero di lingue parlate, la pluralità di costumi e tradizioni regionali, i diversi orientamenti politici, i caratteri stessi delle popolazioni e le loro particolari memorie storiche: ciò sembra rendere insostenibile l’idea di un canone culturale europeo comune.

Ma Todorov ritiene che proprio da questa pluralità di identità nazionali si possa raggiungere un’unità di intenti, qualora si riesca a gestire le specificità peculiari a ogni stato facendone uno stimolo alla competizione. Le nazioni europee sono “sufficientemente simili per dimensioni e potenza perché nessuna di esse possa sottomettere le altre”. Ciascuna nella sua indipendenza conserva libertà di giudizio e pensiero, mantenendo legami economici e politici, in un equilibrio di unità e pluralità che fa dell’Europa un caso unico tra i continenti. Così un tratto che potrebbe sembrare negativo, quale quello dell’eccessiva differenziazione tra i paesi membri, in realtà si trasforma “in qualità positiva assoluta, la differenza diventa identità e la pluralità unità”. L’identità europea si configura dunque nell’accettare le diversità tra gli aderenti, traendone il massimo profitto possibile.

Le spinte sovraniste attuali, nazionaliste sul piano istituzionale ma europeiste nella rivendicazione di radici storiche e religiose comuni, in realtà tendono a legittimare l’esclusione di chi, arrivando da zone povere e conflittuali della terra, preme ai confini, e chiede di essere accettato portando il proprio contributo di lavoro e di sapere. È quindi in un cosmopolitismo capace di integrare “le diverse maniere di vivere l’alterità culturale” che l’Unione Europea può riconoscere la sua identità come eredità del passato e prospettiva per il futuro.

 

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https://www.sololibri.net/L-identita-europea-Todorov.html                17 maggio 2019