MARCO VANNINI, OLTRE IL CRISTIANESIMO – BOMPIANI, MILANO 2013

In questo importante saggio Marco Vannini, il più noto e stimato studioso italiano del misticismo e della tradizione spirituale cristiana, torna sui temi che va approfondendo da più di quarant’anni. Il volume, suddiviso in quattro sezioni, si apre con una puntuale e appassionata disamina delle tesi eckhartiane, il cui nucleo fondamentale si può riassumere in poche citazioni: «Nessuno è ricco di Dio, se non è completamente morto a se stesso»»; «Vigila su di te, e, non appena trovi te stesso, rinuncia a te stesso; questa è la cosa migliore che tu possa fare». La rinuncia, quindi, alla propria egoità, all’amor sui (volontà di essere e di avere), quale primo indispensabile passo verso la libertà, interiore ed esteriore, e verso il raggiungimento della gioia, della pace, della beatitudine.

«Il perfetto distacco non vuole né questo né quello… lascia essere tutte le cose davanti a sé, senza importunarle». Togliere dall’animo il desiderio di appropriazione: non solo delle cose e delle passioni, del successo e della considerazione di sé, ma anche della volontà di conoscere e persino del sentimento religioso.
«Prego Dio che mi liberi di Dio», scriveva Eckhart. Recuperando tutto un filone di pensiero spirituale che da Eraclito, Platone e Plotino, attraverso i Vangeli, S. Paolo e Sant’Agostino arriva alla mistica occidentale (Eckhart, appunto, e poi Taulero, Silesius, Margherita Porete), approdando infine ai pensatori moderni e contemporanei (Kant, Hegel, Hölderlin, Schopenhauer, Nietzsche e Simone Weil), Marco Vannini supera la concezione tradizionale di un cristianesimo corrotto dalla teologia, dai dogmi, dalle istituzioni religiose che hanno voluto impadronirsi di Dio per metterlo al servizio di una società, di una morale, di un singolo popolo, degradandolo così a falso mito da utilizzare secondo i propri bisogni e fini. Contesta anche l’idea più sentimentale e psicologica che ci facciamo della divinità, intesa solo come esperienza interiore arricchente o difensiva: un dio-ente, dio-idolo, storico e finito. Dio è invece «uno ed eterno, e perciò opposto a corpo, molteplicità, temporalità», è «spirito, che non ha un dove, non è nel tempo e nemmeno nell’estensione», non è creato né creatore: la sua esistenza «è tutta data, qui, nella luce, nella pace che è e che siamo». E’ l’inesprimibile libertà del tutto, trascendente e immanente insieme, estraneo a ogni dualità o alterità.
Quello che può aiutare l’uomo contemporaneo, sedotto dalle mille sirene dello psichismo e della realizzazione sociale (economica, culturale, sessuale…) a liberarsi dai condizionamenti di una fede fasulla e delle derive menzognere cui sono approdati i vari cristianesimi, è un’immersione nella spiritualità orientale, un “Passaggio in India”, che sappia recuperare la saggezza delle Upanishad, del brahmanesimo e del buddhismo, di cui in questo volume vengono illustrati i principi fondamentali: ancora una volta il distacco e la meditazione, per arrivare all’ illuminazione.
Esemplare in questo senso è stata la vita del monaco benedettino francese Henri Le Saux, di cui Vannini racconta nell’ultimo corposo capitolo l’appassionante vicenda umana e spirituale, usando come traccia il suo Diario. Nato in Bretagna nel 1910, Le Saux fu ordinato sacerdote nel 1935 e, dopo controverse vicende umane, si trasferì in India nel 1948, con l’intento di conciliare la regola benedettina con le forme della spiritualità hindū. Dall’India non fece più ritorno, e lì venne sepolto nel 1973. Ebbe occasione di frequentare i saggi Ramana Maharshi, Sri Poonja, Sri Gnanananda, convincendosi della superiorità delle Upanishad e della Bhagavadgita rispetto ai testi della tradizione ebraico-cristiana, fino ad arrivare a scrivere: «Ho vissuto le mie ore migliori da hindū. Il vedānta mi ha donato ciò che non mi ha mai donato la Chiesa». Combattuto da un doloroso travaglio interiore, rimase comunque cristiano: «Che lo voglia o no, io sono profondamente legato a Gesù Cristo e dunque alla koinonìa della Chiesa. E’ in lui che il ‘mistero’ si è rivelato a me dal momento del mio risveglio a me e al mondo…E’ nel suo specchio che io mi sono riconosciuto, adorandolo, amandolo, consacrandomi a lui».

Vannini ritrova in Le Saux la stessa illuminante e umile sapienza dei mistici medievali, lo stesso loro rifiuto della temporalità e della corporalità, l’esigenza del distacco dal fenomenico e dell’immersione nel fondo della propria anima: «Perché la nostra realizzazione è al di dentro. Noi non siamo per il domani, né per l’oggi, né per il futuro prossimo, ma per l’istante presente… La salvezza è ‘uscire dal tempo’. Accedere all’eternità». In nome di Dio («Amare Dio senza attaccamento») bisogna superare tutte le realizzazioni storiche della varie religioni, dei riti, delle formule, delle superstizioni, accogliendo in sé la Grazia, e l’unica vera proposta di libertà: quella dello Spirito.

 

«incroci on line», 22 luglio 2015