ALESSANDRA SARCHI, VIOLAZIONE – EINAUDI, TORINO 2012

In questo romanzo di Alessandra Sarchi si fronteggiano due nuclei familiari, due ambienti culturali e soprattutto due diversi modi di affrontare l’esistenza. La prima famiglia è quella costituita da Primo Draghi -possidente terriero e costruttore edile-, sua moglie Genny, le loro due bambine, la nonna e alcuni inservienti rumeni. Orgogliosamente consapevole delle proprie possibilità economiche e delle proprie ambizioni, questa famiglia vive a pochi chilometri da Bologna, in una tenuta agricola che vorrebbe trasformare in sito residenziale, aggirando fraudolentemente qualsiasi vincolo paesaggistico, violentando il territorio con inqualificabili abusi, sfruttando la manodopera straniera e imbrogliando malcapitati e ingenui acquirenti. Solidali nella loro disonestà finalizzata al puro arricchimento senza scrupoli, i coniugi Draghi sono tuttavia genitori modello, teneramente attenti allo sviluppo delle figlie: in particolare affettuosissimi con Vanessa, gravemente disabile. Di tutt’altro spessore etico e intellettuale la seconda coppia, formata dall’architetto Alberto Donelli e dalla ricercatrice universitaria Linda, che vivono freneticamente in un piccolo appartamento del centro città, insieme ai due figli Filippo e Martina: nostalgicamente attratti dal recupero di una dimensione più umana del vivere, all’interno di spazi naturali e incorrotti. I Donelli quindi abboccano all’amo astutamente offerto loro dai Draghi, e acquistano una casa nella loro tenuta, senza sospettare di stare sprofondando in un tranello economico ed ecologico.
Alessandra Sarchi ha ideato un plot narrativo di indiscutibile interesse, che sfiora diverse e impegnative tematiche: rancori familiari e ambizioni di riscatto sociale, arrivismo e corruzione, sfruttamento dell’immigrazione e cementificazione delle campagne, abusi edilizi e compromessi politici. Ma la resa stilistica che ne deriva risulta piuttosto deludente. Il tono è spesso involontariamente didascalico, quasi che l’autrice si sentisse in dovere di spiegare al lettore vicende storiche, evoluzioni di costume, scoperte scientifiche, tesi filosofiche man mano che i protagonisti del romanzo si presentano sulla pagina con le loro specifiche professionalità e ideologie. Così della neurologa Linda veniamo a conoscere le ipotesi di studio sui «segnali intrasinaptici» e sulle scoperte di Mc Culloch e Pitts; di suo marito Alberto scopriamo che si tormenta sulla «dicotomia sviluppo umano-rispetto dell’ambiente», pronto tuttavia ad abdicare ai suoi ideali per banali interessi di carriera; dal costruttore edile Primo Draghi, fedele al motto «urbanizzare e vendere», recepiamo formule di successo basate su un realistico buon senso capitalistico: e contemporaneamente veniamo catechizzati da allarmanti e fosche previsioni sul surriscaldamento terrestre, sullo smaltimento dei rifiuti tossici, sulla disumanizzazione della medicina, sulla corruzione morale scaltramente inoculata dai media nelle anime più indifese. Anche i dialoghi sembrano spesso costruiti e artefatti, con giardinieri che parlano come libri stampati, immigrati clandestini eloquenti, ragazzini insopportabilmente saccenti e poco credibili. Al punto che dopo l’omicidio efferato con cui si chiude il volume, a scapito dell’unico personaggio davvero innocente e nobile, ci imbattiamo in uno scambio di battute di questo tenore: «Ma perché l’ha fatto?» «E saperlo cosa ti cambia? Credi che un atto criminale sia maggiormente pensato e voluto rispetto a un atto innocuo? Questa differenza, secondo me, non esiste».
Forse una vicenda ricca di stimoli e provocazioni come quella ideata da Alessandra Sarchi meritava un restyling maggiormente accurato, per evitare ingenue o noiose banalità che possono infastidire anche il lettore più bendisposto.

 

«Leggere Donna» n.166, gennaio 2015