ATTILIO E NINETTA BERTOLUCCI, IL NOSTRO DESIDERIO DI DIVENTARE RONDINI. POESIE E LETTERE – GARZANTI, MILANO 2020

Attilio Bertolucci (1911-2000) ed Evelina – detta Ninetta – Giovanardi (1912-2005) si sono sposati nel 1938 e hanno avuto due figli, Bernardo e Giuseppe, registi di fama. Sessantadue anni di matrimonio vissuti nell’affetto, nella stima e nella collaborazione reciproca: lui valente poeta, impegnato intellettuale, traduttore e critico; lei insegnante e sceneggiatrice di piccoli film gialli ricchi di humour. La loro lunga storia d’amore era iniziata tra i banchi del liceo Romagnosi di Parma, e a partire dagli anni del corteggiamento si era nutrita di una fitta corrispondenza, consolidata in seguito attraverso lo scambio di esperienze e di passioni comuni – la musica, il cinema, la letteratura. Garzanti, editore di quasi tutti i volumi di poesie di Attilio, pubblica adesso il loro epistolario, integrato dai molti versi dedicati alla moglie, con un titolo suggestivo: Il nostro desiderio di diventare rondini, a cura di Gabriella Palli Baroni.

Poeta con una manifesta vocazione alla descrizione e al racconto, Attilio Bertolucci componeva in forma pacatamente narrativa, come nel romanzo familiare in versi La camera da letto, utilizzando immagini di ambienti interni ed esterni recuperate da memorie personali, con forte incidenza affettiva. Ne sono testimonianza i numerosi testi riportati nel libro garzantiano (di poesie edite e commentate singolarmente, e di lettere inedite), che definiscono l’autore non solo come poeta d’amore, ma come suggerisce la curatrice, “poeta d’amore coniugale”. Ninetta è stata la musa ispiratrice di Attilio, protagonista in grazia e festosità già dai primi versi dedicatele nella raccolta Fuochi in novembre, del 1934: “Coglierò per te / l’ultima rosa del giardino, / la rosa bianca che fiorisce / nelle prime nebbie. / Le avide api l’hanno visitata / sino a ieri, / ma è ancora così dolce / che fa tremare…”, “Vorrei esser il sole che ti scalda / quando esci dall’acqua, freddolosa / e gocciolante, e sì ti fa radiosa / negli occhi, felice e calda…”.

La vivace e gioiosa esuberanza giovanile si trasforma col passare del tempo in una più ponderata consapevolezza sentimentale e morale, per cui la fidanzata diventata moglie e madre assume il ruolo più maturo di compagna, confidente e guida, come si evince dalle struggenti parole di questa lettera: “Noi dobbiamo attraversare questa cosa dolce e terribile che è la vita, insieme, dobbiamo fare un lungo viaggio sempre insieme, e avremo in comune la gioia e la tristezza e tutte le mattine svegliarsi vicini e volerci sempre bene e comprenderci”. La richiesta d’amore che il poeta rivolge alla sua donna è insieme esigente, timorosa, grata, impaurita: “Non mi lasciare solo se io / ti lascio sola”, “Perché le farfalle vanno sempre a due a due / e se una si perde entro il cespo violetto / delle settembrine l’altra non la lascia ma sta / sopra e vola confusa”, “Portami con te nel mattino vivace / le reni rotte l’occhio sveglio appoggiato / al tuo fianco di donna che cammina / come fa l’amore”.

Sarà sempre Ninetta, dopo il trasferimento a Roma dalla campagna emiliana, a proteggere il marito non solo dall’estraneità minacciosa della capitale, ma soprattutto dalle sue ansie ben presto deformatesi in pura nevrosi. Pratica e razionale, salda nella difesa del nucleo familiare, è Ninetta l’ancora a cui la fragilità del marito si aggrappa, “luce diurna della sua ragione”. Nelle più tarde Chroniques maritales, la complicità tra i due sposi ormai anziani si esalta nella descrizione di momenti di intimità quotidiana, gesti concreti di ogni giorno, e sentimenti che sfumano dalla tenerezza alla gelosia, fino a un delicato erotismo: “– Ma tu lascerai che affondi la faccia / nella tua erba? / Che io estingua la mia sete nel tuo sonno?”, “I nostri corpi, cara, in questo letto / famigliare nell’aria ferma dell’amore / mentre al di là delle finestre chiuse / le stagioni piangendo se ne vanno”, “Ma continua con me / ormai che ci sfiora radente / l’ala del tempo e dell’età”. Accanto alla donna amata, il poeta rappresenta con altrettanta delicatezza e trepidazione i due figli, Bernardo e Giuseppe, in componimenti che li ritraggono dalla prima infanzia all’età adulta: “Avete visto due fratelli, l’uno / di quindici l’altro di dieci anni, lungo / il fiume, intento il primo a pesca, / il secondo a servire con pazienza / e gioia?”.

Oltre alle poesie dedicate a quello che pascolianamente potremmo definire il “nido” familiare, è soprattutto la fitta corrispondenza scambiata tra Attilio e Ninetta il nucleo documentario più nuovo e interessante del volume proposto da Garzanti. A partire dal primissimo scambio epistolare della giovinezza: “Mi sembra d’essere sicuro ora che ho te, d’essere sulla terra ferma” (28 gennaio 1934), “Sei talmente entrato nel mio cuore che non sarò mai proprio sola” (20 febbraio 1934), “Non staremo bene se non saremo uniti” (10 giugno 1934).). Da una parte la tenerezza indulgente con cui lei accoglie le titubanze e le inquietudini di lui, dall’altra la ribadita necessità di lui di averla vicina, comprensiva e paziente, sempre in nome di “quell’armonia senza la quale vedo che nessuno di noi due si potrebbe più rassegnare a vivere” (11 novembre 1936).

Il loro intenso e romantico carteggio, secondo Gabriella Palli Baroni, “rappresenta perfettamente i due innamorati, riportandoci non solo la profondità dei sentimenti, ma il colore del tempo, gli slanci della loro giovinezza, le atmosfere della campagna e della città, le gioie del loro ritrovarsi, le trasgressioni e la quotidianità, la fatica dello studio e la grazia del comporre liriche, l’inclinazione infine verso ciò che è bello e importante: il sentimento del tempo e della natura, l’arte, il cinema, la musica, la poesia”. Una testimonianza, quindi, di grande valore letterario e umano, che apre anche ampi orizzonti su sessant’anni della vita culturale del nostro paese.

 

© Riproduzione riservata                   18 giugno 2020

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