JOHN HENRY NEWMAN, POETA – JACA BOOK, MILANO 2010

Di John Henry Newman (Londra 1801-Birmingham, 1890), cardinale, teologo e apologista cattolico, si mantiene oggi sensibile memoria non solo nel mondo ecclesiastico per la sua autorità dottrinale, ma più in generale in ambito letterario come raffinato poeta e saggista.

Presbitero anglicano e docente universitario, in gioventù fu figura trainante del Movimento di Oxford, che intendeva spiegare razionalmente i dogmi e la fede cristiana. In seguito a una profonda crisi personale e dopo gravi lutti familiari, si convertì al cattolicesimo e venne ordinato sacerdote nel 1845, quindi elevato al cardinalato nel 1879, beatificato nel 2010 da papa Benedetto XVI, e infine proclamato santo il 13 ottobre 2019 da papa Francesco. Newman fu osteggiato da una parte della gerarchia cattolica coeva per la sua convinzione che anche i laici dovessero partecipare alla vita della Chiesa, e per avere espresso opinioni contrarie al dogma dell’infallibilità pontificia, ma ebbe comunque un’influenza profonda nel rinnovamento del cattolicesimo (al punto da venire considerato tra i “padri assenti” del Concilio Vaticano II), e nella conciliazione con la dottrina anglosassone.

In un’epoca come quella del tardo ’800 segnata da grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, e dall’avanzare delle filosofie positivistiche, materialiste e di politiche liberali, Newman rinvigorì uno spiritualismo di stampo umanistico, basato sul valore della coscienza come fondamento dell’azione e dell’impegno del credente (il suo motto cardinalizio Cor ad cor loquitur – il cuore parla al cuore -, esprimeva appunto l’influenza che un rapporto personale può esercitare nel convertire gli uomini dallo scetticismo alla fede). La sua meditazione teorica ruotò intorno alla relazione tra fede e ragione, e venne ribadita in tutte le opere omiletiche e teologiche (Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana, Sermoni all’Università di Oxford, Grammatica dell’assenso), come in quelle più prettamente letterarie.

Il volume Poeta, pubblicato da Jaca Book nel 2010 con la cura di Luca Orbetello, offre ai lettori una scelta antologica dei suoi versi religiosi, oltre al poemetto Il sogno di Geronzio e al Saggio sulla poesia scritto nel 1828, con notevole irruenza giovanile, in commento alla Poetica di Aristotele. In questo testo, molto vicino alla sensibilità romantica di Shelley e alla sua Defence of Poetry del 1821, Newman sottolineava il valore essenziale, nell’espressione artistica, del sentimento interiore, della personalità morale, dell’immaginazione e della spontaneità, esibendo una totale avversione per il tecnicismo compositivo, l’eccesso di criticismo e lo sfoggio culturale colpevoli di soffocare ogni ispirazione poetica.

La selezione di versi proposta nel volume indica chiaramente a quali intendimenti si attenesse l’autore, già a partire dalle prime prove edite nella raccolta Memorial of the Past, del 1832, e in seguito nel fondamentale contributo all’antologia oxfordiana Lyra apostolica del 1836: una costante ispirazione biblica intrecciata alla finalità di combattere lo spirito liberale del suo tempo, ribadendo i valori della fede e della trascendenza, attraverso la celebrazione ispirata di alcuni modelli da glorificare, come san Filippo nel cui ordine aveva preso i voti, la Madonna o i simboli delle varie festività religiose. La sua composizione più nota, adottata anche per l’uso liturgico della Chiesa Anglicana, scritta nel 1833 durante un tempestoso viaggio in mare, assume i toni della preghiera popolare, quasi inteneriti nel fiducioso affidarsi alla guida divina: “Lead, Kindly Light, / amidst th’encircling gloom, / Lead Thou me on! / The night is dark, / and I am far from home, / Lead Thou me on!”

Decisamente originale è infine il poemetto The Dream of Gerontius, composto nel 1864, in cui la contemplazione della morte dà origine a una rappresentazione dell’invisibile e dell’ultraterreno di grande efficacia drammatica, riuscendo a fondere l’aspetto religioso con la meditazione filosofica. Il poeta descrive i sentimenti di un’anima che nel momento del trapasso, quando si interroga sull’ esistenza trascorsa e su ciò che l’aspetta, rimpiangendo gli affetti che lascia e la bellezza della vita terrena e temendo il giudizio divino, oscilla tra timore e speranza, nel suo viaggio attraverso l’universo, scortata da schiere di angeli. L’orrore di un “informe abisso, vuoto, senza confini” che possa avvolgerla, inghiottendola nel nulla, è contrastato dalla preghiera e dalla fede nell’immortalità promessa dalle Scritture: “Sollevati, o mia anima languente, e fatti forte; / ed in questo tratto svanente / di vita e di pensiero che ancor dev’essere percorso / preparati all’incontro col tuo Dio”. Con profondo acume psicologico, Newman descrive la vertigine del distacco, il senso di perdita delle cose amate, la tentazione della negazione e il richiamo dell’abiura, per poi approdare alla serenità dell’abbandono a una realtà diversa, alla leggerezza della libertà dai vincoli fisici, all’immedesimazione con lo Spirito. Contesa tra le potenze del Bene e del Male, l’anima infine accetta con umiltà il giudizio divino, disponendosi alla purificazione di un periodo di penitenza prima di arrivare alla beatitudine luminosa della visione di Dio, “nella verità del giorno sempiterno”.

Tutta la poesia di John Henry Newman è cristianamente nutrita dalla fede nella redenzione, ma anche dalla consapevolezza della caducità e fragilità umana: fa tesoro degli insegnamenti della Chiesa così come della letteratura e della filosofia mondiale, dai tragici greci a Dante, da Shakespeare a Pascal. Pur esprimendosi nel rigore intellettuale della fedeltà alla tradizione scolastica, sa sollevarsi a potenti immagini di creazione fantastica e visionaria, che la proiettano oltre i confini ottocenteschi in cui è cronologicamente situata.

 

«La Poesia e lo Spirito», 29 maggio 2025