ENRICO CAPODAGLIO, POESIA E PENSIERO NELLA COMMEDIA DI DANTE
METAURO, PESARO 2025
Nella Premessa al suo raffinato commento all‘Inferno dantesco, il Professor Enrico Capodaglio afferma di essersi accinto a questa ardua impresa spinto da ragioni “letterarie, morali e spirituali” e dal bisogno di comprendere e far comprendere in profondità il capolavoro dell’Alighieri, seguendo le indicazioni di illustri critici, quali Giorgio Petrocchi, Natalino Sapegno, Anna Maria Chiavacci Leonardi ed Enrico Malato. Sulle orme di questi eminenti studiosi, l’autore ha firmato il suo impegnativo volume Poesia e Pensiero nella Commedia di Dante, edito da Metauro. I 34 Canti dell’Inferno vengono interpretati in altrettanti capitoli, illustrando la situazione in cui si muove il sommo poeta, il suo abbandono fiducioso alla guida di Virgilio, gli incontri con le anime dannate, le difficoltà materiali dell’arduo cammino intrapreso, i timori, le attese, le speranze che si affollano nell’animo del viaggiatore attraverso gli abissi infernali.
“Dante cammina fin dall’inizio, è l’animale umano, non lo scrivente seduto ma l’uomo incarnato che si muove fisicamente nel mondo, non un animo che si muove soltanto dentro di sé: è un’allegoria incarnata spiritualmente, vicina al sentimento cristiano dell’incarnazione”. Capodaglio accompagna il procedere dantesco tra “la perduta gente” partecipando con osservazioni in prima persona, mettendosi in gioco con richiami alla propria esperienza di docente, cittadino, letterato, a volte rimproverandosi per l’eccesso di partecipazione emotiva: “Sto fantasticando, lo so; … Ma allora mi domando; … Scopro ora, lo confesso; … Eh no, qui mi ribello, come ricordo feci da ragazzo; … Stanotte ho dormito male, con sogni di insuccesso umilianti”.
Parla il critico, ma anche l’uomo che, immerso nella lettura, diventa tutt’uno con essa, lasciando che penetri nei suoi sogni e permei le sue giornate. Consapevole che “in Dante c’è la ripresa, la reazione, la rigenerazione: è il maestro di vita che guidando se stesso guida anche noi”, e ammirando lo stile della Commedia ne viene travolto: “È un vortice di moti contrari, un’altalena rapinosa, un ottovolante di passioni, descritte in modo sciolto e senza enfasi”. Puntuale è anche la sua attenzione ai dati storici, così come affiorano tra le pagine del poema: vengono analizzati e puntualmente ricostruiti nel loro contesto temporale e ambientale gli episodi che hanno tragicamente coinvolto l’esistenza di Dante, costringendolo all’esilio. La lotta tra Cerchi e Donati, i vari protagonisti della vita politica di Firenze e dell’Italia tutta (Bonifacio VIII, Farinata degli Uberti, Jacopo Rusticucci, Filippo Argenti, Cavalcanti, Ciacco, Brunetto Latini ecc.), odi e amori del poeta vissuti intensamente. Ma poiché “la Commedia è sempre e soprattutto opera di poesia e di pensiero libero, nel grembo cristiano”, è il messaggio spirituale del poema a coinvolgerlo particolarmente, da credente convinto e fiducioso in un prosieguo del cammino umano nell’aldilà: “Qualcosa in me segretamente si rigenera, che nessun capolavoro del novecento sarebbe in grado di sanificare, affidato alla dura e sapiente psicoterapia dantesca: il nostro futuro in un’altra vita dipenderà da noi, dalla nostra condotta”.
L’inferno esiste veramente? si chiede Enrico Capodaglio. E risponde, in accordo con Urs von Balthasar, che spera di no. Ma ne giustifica il grande significato di ammonizione e sorveglianza, nel senso di una tutela e di una direttiva dell’agire umano: “Potenti bisogni collettivi, forze straordinarie che si muovono nelle anime collettive, intese in senso non letterale e metafisico, spingono a elaborare e diffondere credenze come questa dell’inferno, che è un’immensa carta assorbente dei dolori”. Per tali radicate motivazioni, così l’autore in quarta di copertina giustifica il suo oneroso lavoro di commento e interpretazione del poema: “Sono stato mosso dal bisogno di comprendere e far comprendere la Commedia, in questa ottica di convivenza tra fede poetica e fede religiosa, che si arricchiscono a vicenda, generando un mondo che percorro come fosse vero… al fine di condividerne i frutti anche con coloro che non hanno avuto ancora la fortuna di studiare in modo intimo e radicale l’opera dantesca”.
«SoloLibri», 12 ottobre 2025