GIULIANA FERRI, UN QUARTO DI DONNA – ELLIOT, ROMA 2017

Giuliana Ferri (1923-1975), romana, giornalista politica, attivista del PCI, pubblicò questo suo unico romanzo un anno prima di morire prematuramente. È la storia di una donna che, negli anni 70, alle prese con i doveri di moglie-madre-lavoratrice e con quelli altrettanto impegnativi di militante comunista, vive una sua personale e pubblica paura di sconfitta, al punto da non sentirsi mai del tutto completa e realizzata. Un quarto di donna, insomma, una persona che vorrebbe recuperare, e teme di non riuscirci, la sua interezza.

I quattordici capitoli in cui si divide la narrazione sono scritti con uno stile quasi giornalistico (l’autrice era redattrice de L’Unità), preciso, incalzante, sorretto da un’evidente intenzione esplicativa e definitoria, tesa a dire tutto senza velleità di strategia letteraria, pur nell’accuratezza elegante del periodare. I temi sono quelli dello scavo interiore e dell’esame di coscienza politico: era il periodo dell’interesse collettivo per la psicanalisi, della nascente consapevolezza femminista, delle lotte popolari per i diritti civili, ma anche delle prese di posizione schierate, doverosamente condivise con la collettività.

Come racchiusi in una coerente cornice, i capitoli vengono titolati con un unico termine: Ritorno, Aborto, Viaggio, Lei, Incontro… A partire dal primo (“Risveglio”), che narra del faticoso inizio di giornata nell’appartamento in disordine, con i due bambini lamentosi, la colazione da preparare, i vari appuntamenti da ricontrollare: «Il mio globo mi piace, anzi lo amo e lo riamo continuamente. L’ho voluto così, pulito, scarno, abbondante di valori, inzeppato di principi, cresciuto nel suo tempo, pieno di buone intenzioni, frettoloso». Per finire con l’ultimo brano (“Separati”), che sancisce il divorzio dal marito, la fine di un’abitudine amata ma ormai logora e disseccata: «Penso ai suoi gusti che non hanno mai trovato spazio nei miei, alla quiete che non gli ho dato: i risvegli pacati, lenti come una passeggiata, la vita addomesticata di premure, la stupidità delle ore di riposo, a tutte quelle cose che ho sempre rifiutato cercando disperatamente qualche altra cosa».

In mezzo c’è l’esistenza comune, in quegli anni, a molte altre coppie e a molte altre famiglie dell’Italia borghese, colta, di sinistra, efficiente e scontenta di sé. C’è una relazione extra-coniugale di lui e l’avventura di una notte di lei con un vecchio compagno di studi, le serate nei salotti intellettuali romani, i film e i libri, le discussioni politiche e i pettegolezzi dalla parrucchiera, la sessualità matrimoniale di routine, un aborto clandestino poco sofferto e partecipato da entrambi, le bollette scadute e la domestica assillante. C’è soprattutto il confronto continuo e appesantito dai sensi di colpa con le proprie utopie giovanili, il desiderio frustrato di un’intensità di rapporto coniugale che si manifesta invece annacquato e abitudinario, l’interrogarsi reciproco sul ruolo genitoriale, il ricordo dell’impegno antifascista ormai diluito in fiacchi dibattiti parlamentari. E la stanchezza della protagonista, sempre in attesa di conferme, di approvazione, di solidarietà: «Ho bisogno che qualcuno si avvicini e mi dica che sono una gran brava persona».

Il volume è introdotto da un’intelligente prefazione di Angela Scarparo.

 

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www.sololibri.net/Un-quarto-di-donna-Giuliana-Ferri.html       13 marzo 2017