INVESTITURA  DA  CECCONI

(per David Kalston)

Caro, quel sogno (dopo la diagnosi)
mi trovò spazientito davanti alla porta
del “nostro” sarto veneziano. Volevo
un abito da sera per il capodanno.

Poi un lume si accese. La vecchia che cuce
dall’alba al tramonto nel retrobottega, aprì
d’un guardingo centimetro, protestando
vivace per l’ora tarda.

Tessuti? Modelli? Quelli li mostra, non ora,
di giorno il proprietario – ma poi come un lampo
tutto il volto le si accende: Ma! il Signore
è venuto a provarsi la nuova vestaglia!

Vestaglia? Mi fa cenno di entrare. Il trittico
dello specchio evoca tre curve megere
in cui si è diffratta in spazio arcano. Per magia
riconvergono, braccia colme di luna.

Sulle mie braccia infila maniche di luce. Fresca
seta dalle solenni candide pliche – lutto orientale –
mi fascia dal collo ai piedi. Mi rivolgo
a lei, senza capire.

Ringrazi il suo amico, ridacchia, il Professore!
Sbigottito oscillo come un albero di lacrime. Tu –
così lontano, malato, impaurito – hai orchestrato
questo regalo che mi ferma il cuore.

Anthony Hecht (1923-2004)