PATRIZIA MANGANARO, NARCISISMO – EMP, PADOVA 2018

Le “riflessioni liquide” che la filosofa Patrizia Manganaro dedica al mito di Narciso, sono in realtà provocazioni rivolte non solo al lettore, ma anche al testo ovidiano e alle sue molteplici letture succedutesi nell’arco di due millenni, con l’intento dichiarato di far affiorare un’interpretazione non sempre negativa del termine Narcisismo.

Nella cultura occidentale (così come oggi si ramifica: narrativa, poesia, arte, musica, filosofia, psicoanalisi, sociologia) si è sedimentata l’idea di un Narciso emblema dell’io autoreferenziale, egoista, indifferente, vanitoso, sordo a ogni richiamo d’amore, chiuso nella sua scelta di solitudine autosufficiente. Nei brevi saggi qui raccolti, Manganaro prende invece in considerazione nuove possibilità esplorative di questo simbolo universale, che può così venir compreso e giustificato anche come meditazione, contemplazione, ricerca intellettuale. La mente che ri-flette, si flette due volte, ripiegandosi e rivolgendosi al desiderio inappagato, nel tentativo di indagare il significato più profondo di identità e alterità, di isolamento e relazione. Recuperando l’accezione poetica del mito, l’autrice lo rilegge attraverso le immagini dell’acqua e della luce, dello specchio e della visione, della superficie e dell’abisso. In un susseguirsi di domande incalzanti, in cui interroga sé stessa e gli approdi teorici più recenti della cultura contemporanea (il libriccino è corredato di una ricca e ponderata bibliografia), Narciso diventa figura rappresentativa del passaggio dal moderno al post-moderno, nella nostra epoca polimorfa e instabile, che ama guardarsi ed essere guardata, esibirsi e insieme nascondersi, «tra attrazione e repulsione, centramento e de-centramento, attività e passività, incanto e disincanto»: quando la persona diviene sosia e antagonista del proprio io, nell’accentramento su di sé che non desidera più alcun oggetto altro. Figlio dell’acqua, Narciso (generato dallo stupro del fiume Cefiso sulla virginale ninfa Liriope) incarna la liquidità senza forma del tempo presente, con la frantumazione del soggetto che non sa più riconoscere e comprendere l’oggettività esterna.

Una seconda ipotesi interpretativa viene individuata da Patrizia Manganaro nell’autoreferenzialità presente in ogni gesto artistico (ogni ritratto è un autoritratto…): l’immagine liquida di Narciso, incapace di toccarsi concretamente e appagato della pura visione, rimanda alla fluidità della scrittura contemporanea che nella sua frammentata episodicità ha sostituito il sistema monolitico e compatto della narrazione letteraria e filosofica (oggi prevalgono i diari, gli aforismi, i dialoghi veloci, i reportage), privilegiando la transitorietà del presente alla riflessione sul passato o alla progettualità del futuro.

Infine nel terzo intervento, si ipotizza che la postmodernità, alienata e mercificata nel dilagare dell’idolatria consumistica, abbia posto come primo santo del suo calendario eretico proprio Narciso, avendo scambiato per autonomia la mancanza di relazioni vere. «Infelice autoreferenzialità, il non poter essere altro da sé». Si diffondono così in maniera incontrollata disagio e sospetto, rapporti impersonali vuoti e inessenziali in luogo di legami autentici. Per Manganaro, i Narcisi per eccellenza di oggi sono gli intellettuali, “infantili, stretti nell’abbraccio tra smania di visibilità e crisi d’identità”, ormai incapaci di utopie, disimpegnati e asserviti al potere.

Eppure, anche l’egocentricità (non l’egoismo!) potrebbe risultare positiva e benefica, se soltanto si imparasse a partire dal sé inteso come scavo e conoscenza interiore, come ritorno al centro dell’io per arrivare a comunicare empaticamente le proprie conquiste intellettuali e morali a chi è altro, e non solo allo specchio riflettente.

 

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https://www.sololibri.net/Narcisismo-Manganaro.html    18 settembre 2018

 

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