MARGARET ATWOOD, ESERCIZI DI POTERE – NOTTETEMPO, MILANO 2020

Margaret Atwood (Ottawa 1939), oltre a essere famosa nel mondo come autrice di bestseller, è anche ragguardevole poeta, e proprio come tale ha esordito negli anni ’60 con la raccolta Double Persephone. Temi principali della sua produzione sono l’identità culturale canadese, l’interesse per l’ambiente e l’impegno femminista. Ma nel volume del 1971 oggi riproposto da Nottetempo, Esercizi di potere, il nucleo fondante intorno a cui ruotano i versi è il rapporto dinamico e tormentato che si instaura nella coppia, in una sorta di duello quotidiano in cui vincitore e vinto, vittima e carnefice si scambiano costantemente i ruoli.

Con testo inglese a fronte, nella limpida traduzione di Silvia Bre, queste poesie della Atwood raccontano (in una forma tranquillamente discorsiva, e con trame narrative che si esauriscono all’interno di un’unica composizione) approcci, esperienze di vita quotidiana, illusioni e tradimenti all’interno di una convivenza, indagata con disinibita sincerità, “con meticolosa crudeltà”, come recita la quarta di copertina. L’autrice non risparmia nulla a se stessa e al suo compagno, analizzando spietatamente il loro rapporto, dalle lusinghe del corteggiamento alla delusione del disamore: ribellioni e tentazioni di fuga, gelosie e rancori, timori e sospetti. Il lettore ha l’impressione di assistere a una rappresentazione teatrale, in cui lo sfondo cambia di continuo (un cinema, un ristorante, la cucina o la stanza da letto, la stazione, l’aeroporto), mentre i protagonisti rimangono sempre due, la moglie e il marito.

La donna ritrae con severità i propri difetti (“Posso cambiare me / stessa più facilmente / di quanto io possa cambiarti”, “prendo pillole, bevo acqua, m’inginocchio”, “ Fatemi uscire da questa trappola, / questo corpo, fatemi essere / come voi, chiusa e utile”), anche alla luce impietosa della sua attività e fama di scrittrice: “Al ristorante discutiamo / su chi di noi pagherà il tuo funerale // sebbene la reale questione sia / se io ti renderò si o no immortale”, “Ti prego muori ho detto / così posso scriverne”.

L’osservazione diventa ancora più feroce e sarcastica quando si focalizza sull’uomo che le è accanto, “alquanto ordinario”, con cui ha in comune solo “silenzi elettrici”: “Io voglio domande e tu / solo risposte”, “Inutile: cammini all’indietro, / rimirandoti le orme”, “Come uova e lumache hai un guscio // Sei diffuso / e nocivo al giardino, / arduo da estirpare // Saprofago, ti nutri solo di carne morta”, “Sei finto come il listello di marmo / intorno al camino, non c’è niente / che non farei per essere via / da qui”, “Quando ti cerco trovo / acqua o ombra mobile // Non c’è verso che io possa perderti / quando sei già perso”, “Sarebbe così bello se solo / rimanessi là / dove ti ho messo”.

In questo canzoniere d’amore sfibrato e ostile, è proprio il rapporto a due che non funziona più, e Margaret Atwood ne è la consapevole e talvolta compiaciuta anatomopatologa: “Mi accosto a questo amore / come una biologa / infilandomi guanti / di gomma & camice bianco”, “Il mio amore per te è l’amore / di una statua per un’altra: in tensione // e statico”, “non c’è nulla / che io voglia fare riguardo al fatto / che sei infelice & malato”, “Siamo duri l’uno con l’altra / e la chiamiamo onestà”. Persino molti titoli delle composizioni esibiscono una voluta impersonalità e freddezza rispetto ai testi poetici: Lui riappare, Lei medita di sfuggirgli, Mangiano fuori, Lui è uno strano fenomeno biologico, Le loro attitudini differiscono, Viaggiano via aria, Lui si sposta da est a ovest, Ci sono modi migliori per far questo, Piccole tattiche, Sono nazioni ostili, Lui viene avvistato per l’ultima volta…

Ed è con malinconia che, in conclusione al volume, l’autrice ammette la propria incapacità di rapportarsi all’altro da sé in maniera comprensiva e solidale: “Considerando gli animali in sparizione / il proliferare di fogne e di paure / l’addensarsi del mare, l’aria / prossima a estinguersi // dovremmo essere gentili, dovremmo / sentire l’allarme, dovremmo perdonarci”.

 

© Riproduzione riservata       «L’Indice dei Libri del Mese» n. 3, marzo 2021