ROSSANA DEDOLA, LA VIA DEI SIMBOLI – FRANCO ANGELI, MILANO 1992

Rossana Dedola, ricercatrice a Pisa e studiosa del primo Novecento italiano, ha pubblicato presso Franco Angeli un volume di critica letteraria ispirato alla psicologia junghiana.

La via dei simboli è quella scelta dall’autrice per rileggere in modo senz’altro innovativo e coraggioso alcuni nostri classici contemporanei, da Svevo a Pirandello, da Tozzi a Calvino, e per sottolineare aspetti trascurati di due poeti diversissimi ma accomunati da un forte interesse per la psicanalisi: Andrea Zanzotto e Vivian Lamarque.
Il percorso indicato dall’autrice per approssimarsi al nucleo pulsante (per quanto represso, sgradevole o frainteso possa essere) della produzione degli scrittori presi in considerazione, fa sua l’ottica e la metodologia junghiana – pur non trascurando alcuni fondamentali contributi della scuola freudiana, quali quelli di Winnicot e di Kohut- tanto spesso snobbate, se non addirittura osteggiate in Italia. Da noi, infatti, a differenza di quanto succede ad esempio in Francia, l’approccio junghiano al testo letterario sembra produrre una circospetta diffidenza negli addetti ai lavori, per la fama di misticismo e irrazionalismo che da sempre aleggia intorno al nome dell’analista svizzero.
Il lavoro della Dedola prende le mosse da una doverosa e puntuale rivisitazione della polemica che ha visto fronteggiarsi Freud e Jung riguardo alla definizione stessa di opera d’arte, intesa dal primo come “sintomo” e dal secondo come “simbolo”. Dedola fa suo il giudizio di un grande critico, Debenedetti, che definiva Jung «alleato degli artisti, magari il loro complice… con una lucidità presaga e ignara», e rivalutando il parallelismo junghiano fra arte e inconscio, la giovane studiosa (recentemente diplomatasi all’Istituto Jung di Zurigo) attribuisce alla simbologia letteraria la sconvolgente funzione di «imprimere una spinta virtuale, un flusso di energia nella vita non solo personale, ma di un’intera epoca storica».
Ecco quindi analizzati alcuni simboli nei tre grandi del romanzo novecentesco, Svevo, Pirandello e Tozzi, che per primi e attraverso percorsi diversi, «mettono in crisi la centralità della dimensione cosciente, svelandone la fragilità». Le bestie di Tozzi vengono allora reinterpretate come simboli oscuri e istintuali di una soggettività sempre più frantumata, di una realtà deformata e indecifrabile. Tarchetti invece si misura tragicamente con il tema letterario del “puer” prigioniero della sua condizione infantile, incapace di crescere, di amare e di morire. Anche la curiosità culturale e l’algida ariosità intellettuale di Calvino vengono indagate e ricomposte, attraverso la rivelazione di censure insospettate e insospettabili nella rielaborazione delle  Fiabe italiane. Zanzotto e Lamarque infine giocano coscientemente e sapientemente con la psicanalisi, entrambi alla ricerca di una madre: per il primo simbolicamente celata nel paesaggio, per l’altra recuperabile solo nel reiterarsi di una pratica analitica.
Un volume audace e vivace, questo di Rossana Dedola, rigoroso nell’apparato critico e appassionato nelle tesi proposte, che interessa anche il lettore non specialista, catturandone l’attenzione con lo stile brillante e il sapiente dosaggio di filologia e vis polemica.

 

«L’Arena», 11 febbraio 1993