WILLIAM FAULKNER, UNA ROSA PER EMILY – ADELPHI, MILANO 1997

Tre straordinari racconti di uno dei più grandi scrittori del ‘900. Asciutti e implacabili, nella loro durezza spietata, nella severa risoluzione dell’autore di non commentare le vicende narrate, né di esprimere qualsiasi giudizio di condanna o solidarietà nei confronti dei loro protagonisti. Una scrittura ossuta, quella di William Faulkner, e insieme paradigmatica: acuta nelle metafore, prive di qualsiasi compiaciuta sbavatura; originalissima nell’aggettivazione (“parola infrequente… scontrosa demenza… decadenza ostinata e civettuola… cimitero assorto): mai scontata. E con questi incipit memorabili, fatti di una sola frase scolpita: “Jim Grant faceva il mercante di bestiame”; “Non era originaria di questa zona”. E di altrettanto micidiali conclusioni: “Poi, quasi subito, svanì”; “Quella notte Mrs. Grant morì sulla sua sedia, eretta e tutta vestita”. Ma sono soprattutto i suoi personaggi, in particolare se donne, a rimanere inchiodati nella memoria del lettore. Come se le figure femminili raccontate da Faulkner avessero l’arduo e non ricompensabile compito di mandare avanti il mondo, e questo cadesse tutto, con le sue ingiustizie e la sua violenza, sulle loro spalle. Spalle forti, tuttavia, anche se piegate e piagate da sofferenze e abusi: spalle di donne che rendono triplicato il male ricevuto. E quindi la Mrs. Grant del primo racconto (“Miss Zilphia Grant”) affronta il suo destino di donna tradita e abbandonata vendicandosi sul marito e sulla figlia incolpevole, la quale perpetuerà a sua volta la stessa feroce follia materna. In Una rosa per Emily  l’anziana protagonista, volontariamente reclusa in casa per risentito orgoglio, si fa beffe dell’intera comunità cittadina, e il suo segreto viene svelato solo dopo la sua morte. Infine in Adolescenza si narra “il periodo felice” della selvatica Juliet, “con dei compiti da assolvere e l’orgoglio per il suo corpo piatto”, e il suo amore acerbo per un romeo disorientato e innocente.

IBS, 1 marzo 2014