PAR LAGERKVIST, PELLEGRINO SUL MARE – IPERBOREA, MILANO 2012

Un romanzo strano, questo di Pär Lagerkvist (premio Nobel nel 1951): breve, scritto in una lingua piana, con uno stile facilmente accessibile, attraversato da trame diverse, e diviso in due blocchi poco comunicanti tra loro. Inoltre, con un finale sospeso, in attesa di una conclusione che arriverà due anni dopo la sua pubblicazione, nel racconto lungo del 1964 intitolato La Terra Santa.

Pellegrino sul mare racconta la storia di due personaggi alquanto misteriosi, le cui vicende si intrecciano casualmente su un battello di pirati diretto verso la Palestina: Tobias vi si è imbarcato dopo aver perso il posto prenotato su una nave di fedeli cristiani, ritrovandosi male accolto da un’equivoca ciurma di vecchie canaglie: un capitano violento e avido, quattro o cinque marinai sanguinari, e Giovanni, un oscuro uomo di mare, scontroso e tormentato.

I motivi che hanno spinto Tobias a salire a bordo per raggiungere la culla della cristianità rimangono ignoti al lettore: probabilmente sta fuggendo da una colpa, da un rimorso, in cerca di una risposta alle sue inquietudini. Invece, le ragioni per cui Giovanni ha scelto di passare la vita sul mare sono molto concrete, e l’autore le espone nella seconda parte della narrazione. Alla base della scelta di entrambi c’è tuttavia la consapevolezza che l’elemento equoreo aiuta ad allargare la coscienza, avvicina all’infinito, placa le ansie nella sua vastità sconfinata: “Il mare racchiude più sapere di qualsiasi altra cosa sulla terra, se sei capace di farlo parlare. Conosce tutti i vecchi segreti, perché lui stesso è così antico, più antico di tutto. Anche i tuoi segreti conosce, non illuderti. E se tu ti abbandoni a lui completamente e lasci che si prenda cura di te, se non ti intrometti con le tue insignificanti obiezioni… allora può dare pace alla tua anima… Anche se percorri la terra tutta intera, non imparerai mai tante cose quante ne imparerai dal mare. Non troverai mai pace se non sul mare, che da parte sua non ha mai pace”. La traversata è resa avventurosa da burrasche e tifoni, e dalla brutalità della vita di bordo: assalti ad altre imbarcazioni, zuffe e omicidi. Quando Giovanni salva fortunosamente Tobias da un’aggressione, tra i due nasce una complicità solidale, e un bisogno reciproco di confessione e comprensione. Giovanni racconta così la sua storia di ex-prete, strappato alla fede e alla Chiesa da una passione illecita e clandestina per una nobildonna, sua ambigua ma affascinante penitente. La seconda parte del romanzo è quindi una lunga e appassionata confessione del tormento di un’anima travolta da un’irresistibile smania di sensualità e concupiscenza, a cui non sa opporre che la volontà di abbrutimento, in una fuga perpetua da se stessa e dal proprio passato. Il mare accoglie maternamente l’angoscia dei due naviganti, pellegrini verso una terra di redenzione che appare sempre più lontana e irraggiungibile.

 

© Riproduzione riservata              25 marzo 2022

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