STEFANO MANCUSO, LA TRIBU’ DEGLI ALBERI – EINAUDI, TORINO 2022

Stefano Mancuso (Catanzaro 1965), scienziato di fama internazionale, insegna Arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Firenze.
Nel 2005 ha fondato il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, destinato agli studi sul comportamento delle piante e sulla loro vita sociale, determinata da una funzione neuronale, anche se questi attributi sono molto diversi da quelli osservati nel mondo animale. Autore di numerosi volumi di divulgazione scientifica, per la prima volta Mancuso si è cimentato nella narrativa di invenzione pubblicando con Einaudi nel 2022 il romanzo fantastico La tribù degli alberi, una sorta di apologo in cui il lettore vede un bosco animarsi e rivestire caratteri, abitudini e pensieri umani. I riferimenti culturali di questa favola sono da ricercarsi nel mondo favoloso di Tolkien, in qualche similitudine con le storie di Harry Potter, nella devozione all’universo vegetale di Jean Giono e in una similarità affettiva con il nostro letterato più ecologista, l’Homo Radix Tiziano Fratus.

La comunità arborea di cui narra Stefano Mancuso ha sede nel regno di Endrevia, abitato da tribù di piante di età e caratteristiche fisiche diverse, legate da sentimenti di solidarietà e generosa amicizia, ma tra cui a volte serpeggia qualche rivalità, pettegolezzo, invidia, proprio come succede tra gli esseri umani. Vivono vicini gli uni agli altri alberi millenari e giovani virgulti, dal fogliame caduco o foltissimo, giganteschi e nani, ciarlieri e scontrosi. Si dividono in cinque tribù, ciascuna delle quali ha indoli e inclinazioni specifiche: ci sono i creativi Terranegra, affascinanti nella loro originale disposizione artistica. Di altro stampo sono i Cronaca, più razionali nella loro funzione di storici, archivisti e reporter informati su tutto ciò che accade nel bosco. I Dorsoduro sono scienziati, i Gurra temibili nella loro silenziosa imponenza, i Guizza specializzati in astronomia e statistica.

Voce narrante è il vecchio Laurin, che vive in una splendida radura chiamata Pian di Mezzo, al limitare dei due territori abitati dai due clan più forti, quelli di Terranegra e di Cronaca. Sin da giovane Laurin è stato conteso dai due gruppi, sbilanciati nel numero dei membri: lui stesso, indeciso su quale famiglia scegliere, viene poi convinto ad aderire ai Cronaca, e il suo battesimo iniziatico è celebrato con una grandiosa festa cui partecipano tutti gli abitanti di Endrevia, cantando, ballando e ubriacandosi di alois, una bevanda inebriante.
Laurin, con i suoi amici più fidati Lisetta e Pino, viene incaricato di scoprire quale sia il motivo dello squilibrio numerico che minaccia l’ordine e l’equilibrio tra le varie tribù. Parte quindi per un lungo viaggio alla ricerca di documenti segreti conservati in una biblioteca-labirinto sotterranea, in cui sono immagazzinati tutti i dati e le informazioni secolari che riguardano il passato della confraternita. Durante il viaggio i tre alberi, sradicati con sofferenza dal proprio terreno originario, si imbattono in situazioni e soggetti diversi, a volte minacciosi (perché “in ogni gruppo c’è sempre qualcuno che traligna”), più spesso divertenti, che l’autore tratteggia con bonaria ironia, rapportandoli ad atteggiamenti umani: conformismo, vittimismo, spavalderia, ostentazione nella moda, nella cultura, attraverso divertenti parodie carnevalesche dei Gay Pride, delle tribune politiche, dei festival letterari.
I tre investigatori vegetali, nelle loro indagini librarie sulle statistiche e sui dati rimasti sepolti per millenni nella biblioteca-labirinto, scoprono che negli ultimi due secoli il clima di Endrevia si era trasformato, provocando sconvolgimenti climatici con estrema frequenza: periodi di prolungata siccità e aumento abnorme delle temperature alternati a improvvise alluvioni, uragani, venti tempestosi; nuove specie animali e miriadi di microrganismi, originari di luoghi lontani, proliferati a dismisura; parassiti e malattie aumentate in modo esponenziale; molte specie anmali migrate in massa per cercare regioni più adatte alla sopravvivenza. Tutti questi disastrosi cambiamenti avevano provocato enormi squilibri nella consistenza numerica dei cinque diversi clan di Endrevia, ignorati da chi doveva occuparsene scientificamente.
Forti di questa nuova consapevolezza, i tre amici alberi affrontano la via del ritorno, venendo subito investiti dalla terribile notizia di una nuova catastrofe. Un enorme incendio aveva distrutto intere distese della radura, provocando molte vittime tra i loro compagni. Solo un riequilibrio idrologico poteva restituire alla comunità il suo verdeggiante benessere, garantendone l’evoluzione e la differenziazione in varie specie. Per ovviare al disastro bisognava procedere velocemente a una intensificazione della popolazione arborea, in grado di assorbire i gas inquinanti accumulatisi nell’atmosfera. Sotto le parvenze dell’apologo, l’autore suggerisce una proposta che da anni porta avanti nelle opportune sedi politiche e scientifiche: piantare mille miliardi di alberi entro il 2030 per salvare il pianeta, riparando la grave colpa confessata da uno dei protagonisti del libro: “Abbiamo preferito non vedere”.

Una favola per adulti e ragazzi, questa scritta da Stefano Mancuso (in cui non mancano riferimenti dotti, come quello al film Il raggio verde di Rohmer, e alle biblioteche di Borges e di Eco), che come ogni favola ha una sua sottesa morale.
Insegna a valutare l’importanza della lealtà nell’amicizia e della solidarietà con i meno fortunati, la gratitudine verso i benefattori, il rispetto per l’ambiente, l’ammirata osservazione delle bellezze naturali.
Non sarebbe nuociuto al racconto una minore dispersione di temi, e una maggiore concisione narrativa, come si conviene a tutte le favole che ci hanno aiutato a crescere, fornendoci materiale per i nostri sogni.

© Riproduzione riservata    SoloLibri.net                18 gennaio 2024