DACIA MARAINI, L’ETA’ DEL MALESSERE – EINAUDI, TORINO 1988

L’età del malessere è il secondo romanzo di Dacia Maraini, pubblicato nel ’62 e subito accolto come libro rivelazione di uno stile nuovo, di un’autrice promettente. Ambientato nella periferia romana, ha come protagonista la borghesia più umile, vittima e insieme artefice degli anni del boom economico di un’italietta miracolata e squallida. La vicenda è narrata in prima persona da Enrica, una diciassettenne che vive con indifferenza sia i suoi drammi personali, sia quelli della penosa fauna umana cui appartiene. Figlia unica di una coppia già in là con gli anni, la ragazza osserva con disincanto il lento declino della madre, sfiancata e umiliata nel logorante arrabattarsi di un piccolo impiego: la vede oscena nel suo corpo sformato, nei vestiti lisi, nelle amicizie volgari, e insieme penosa nelle ambizioni meschine di rivincita, di riscatto. Forse con più affetto, ma con uguale severa implacabilità, Enrica guarda al padre, artista fallito e alcolizzato che si è ridotto a dedicare ogni suo tempo ed energia alla costruzione di elaboratissime e invendibili gabbie per uccelli. In questo tragico universo familiare si muove la giovane, senza tuttavia la benché minima voglia di evaderne. Abulica, indifferente a tutto, sue uniche aspirazioni sembrano essere l’acquisto di un paio di scarpe nuove o di un maglioncino aderente. Non si ribella alla frustrante relazione cui la costringe Cesare, uno studente fuori corso, che la usa come amante di riserva, in attesa di sposare una ricca fidanzata che rispetta. Enrica frequenta un corso di computisteria e stenografia tra insegnanti e compagni che paiono tutti più disgraziati e infelici di lei, compie poi un’umiliante esperienza di lavoro in casa di un’anziana ed eccentrica contessa, ma niente sembra segnarla, niente la scuote. Vive come in trance avvenimenti crudi e crudeli, dalla morte della madre a saltuari episodi di prostituzione, a un drammatico aborto clandestino. Solo alla fine, il matrimonio di Cesare la costringe a scegliere, le impone un cambiamento: e il libro termina con l’intenzione almeno annunciata di voltare pagina, di dare un nuovo indirizzo alla propria vita. Il fascino che indugia in queste pagine è tutto in questa storia narrata senza alcuna retorica o ammiccamento, ma con tale dolente asciuttezza che il malessere in cui sono avvolti i personaggi contagia anche il lettore, amareggiandolo, indignandolo.

 

«Agorà» (Svizzera), 23 novembre 1988