PAOLO NORI, A BOLOGNA LE BICI ERANO COME I CANI – EDICICLO, PORTOGRUARO 2010

Uno “stream of consciousness”padano, anzi emilano, anzi: tutto bolognese. Ambientato in una città che sa di provincia antica, tra gente poco più che proletaria, e dove biciclette e treni sono più comuni delle auto di lusso. Dove stravince in umanità la periferia fatta di condomini modesti, con appartamenti acquistati col mutuo, e il genere umano è popolato di figure stralunate e ironiche, unite tra loro da una solidarietà pietosa e partecipe. Chi scrive in prima persona sembra fare il verso alla figura dell’intellettuale in voga oggi, diviso tra letture e conferenze in varie città, una vita solitaria da separato, con fidanzate che nemmeno sanno di esserlo, e una bambina piccola e graffiante (“la Battaglia”) che vede il padre due volte la settimana e lo segue in bici, regalandogli le sue perle di saggezza e ingenuità sarcastica. A questo stranito protagonista, che ricorda alcune figure felliniane, un vicino di casa consegna prima di morire (suicida? ammazzato? di dolore?) due cassette registrate, da sbobinare per farne un libro. Questo anziano, ex meccanico di biciclette, chiamato Benito, ha dei tic, delle nevrosi operaie molto particolari. Per esempio, la fissazione che i giapponesi lo odino senza motivo, per cui in tutti coloro che gli sono ostili vede dei nipponici. Benito nella registrazione rivela al figlio professore, che vive in un’altra città e lo trascura, di non essere il suo vero padre: e gli racconta con amaro umorismo la sua vita di pover’uomo, costretto in un matrimonio banale con la Germana, e poi minimi e colpevolizzanti tradimenti, divertentissime visite obbligate a noiosi e ridicoli parenti milanesi, amici del bar equivoci e ingannatori, la morte misteriosa della moglie censurata nella memoria per anni. I racconti del meccanico e quello dello scrittore si intrecciano confondendosi e riecheggiandosi. Ne risulta un libro spiritoso e malinconico insieme, fatto di riuscitissimi bozzetti e figure a tutto tondo, vivo di una sapienza disillusa, e pensierosa.

 

IBS, 16 dicembre 2010