DOMENICO POMPILI, SUL SILENZIO

LETTERA PASTORALE ALLA CHIESA DI VERONA, 2023

 

A un anno dall’investitura, il Vescovo di Verona Domenico Pompili ha inviato una Lettera Pastorale indirizzata alla sua Diocesi, ma rivolta idealmente a quanti – credenti e non – siano interessati a confrontarsi sul valore attribuito alla comunicazione, e al ruolo che all’interno di essa riveste il silenzio. Il testo, intitolato appunto Sul silenzio, è diviso in due sezioni, la prima meditativa ed esplorativa dell’argomento, la seconda dedicata alle indicazioni pastorali da accogliere nelle parrocchie, nei seminari, in tutte le strutture religiose della provincia.

Situato nel solco di una lunga tradizione culturale che, partendo dai classici occidentali e orientali scava nel ricco patrimonio della spiritualità cristiana, lo scritto di Domenico Pompili si richiama esplicitamente alla discrezione che del silenzio è fondamento, attraverso uno stile pacato, non assertivo, espresso con una sensibilità vicina allo spirito della poesia.

Già nell’introduzione, dopo un suggestivo omaggio alla “bellissima terra veronese”, Pompili dichiara quali obiettivi si ponga nella sua Lettera: “più che stilare progetti, elencare priorità o fantasticare di sogni, desidero avviare una riflessione che in questo anno possa alimentare la vita della nostra chiesa e divenire il terreno nel quale radicare la nostra azione pastorale”.

Il silenzio, infatti, si pone come realtà “al fondo, al cuore, all’inizio di ogni avventura cristiana”, poiché risponde a una ricerca di interiorità e di concentrazione sulle cose essenziali. Rientrare, agostiniamente, nell’intimo meo, insegna ad “ascoltare la parte più vera di sé, in mezzo al frastuono frenetico di un mondo inquinato dal rumore: il rumore esterno e quello, ancor più pervasivo, dei vari dispositivi elettronici, che creano una ‘eco’ assordante ed isolante”.

È necessario allontanarsi dalle chiacchere, dal parlare vano, disattento, indifferente e offensivo, come ammoniva Gesù: “Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio” (Mt 12,36). Proprio Gesù sapeva insegnare, non solo a parole, ma anche tacendo (Gv 8,1-11, Mt 7,31-37), e usando un linguaggio che da kerygmatico aveva saputo farsi parabolico, e poi didattico e infine testimoniale, nel sacrificio della croce.

“Il silenzio è recettivo, non impositivo; è comprendere, non prendere; è contemplativo e proattivo insieme”, pur nella sua difficile definizione, e talora nella sua ambiguità. Ci sono infatti silenzi cattivi, quelli dell’omertà che nasconde o difende gli abusi, o i mutismi umilianti che indicano disprezzo dell’altro, ostilità, inimicizia. E altri invece che rivelano angoscia, solitudine, marginalità sociale, depressione, impossibilità di chiedere aiuto, e reclamano il nostro impegno a interpretarli.

La voce del Vescovo diventa essenzialmente quella del Pastore, quando si incrina commossa e solidale raccontando il dolore inascoltato dei più fragili: dei vecchi, desiderosi del calore di un abbraccio; degli adolescenti, auto-isolantisi in mondi paralleli perché esclusi dall’universo adulto; dei migranti in attesa di un riconoscimento umano e sociale; delle donne la cui specificità femminile viene negata e troppo spesso violentata; dei carcerati allontanati dal consorzio civile; delle chiese cristiane che aspirano a un ecumenismo comprensivo.

C’è anche, spesso indecifrabile e scandaloso, il silenzio di Dio, quando non risponde alle invocazioni delle creature. Dio tace perché offeso dalla malvagità umana, o per una esigente volontà educativa, o semplicemente perché “solidale con il grido disperato che nessuna parola potrà mai consolare”. Domenico Pompili si appoggia alle parole sagge dei filosofi (Søren Kierkegaard, Hans Jonas), di chi ha patito la persecuzione nazista (Elie Wiesel, Etty Hillesum), dei poeti (Antonio Machado, Mario Luzi), dei santi, e cita un famoso passo dell’Antico Testamento (1Re 19, 11-13), in cui Dio si rivela a Elia con “la voce di un silenzio sottile”, dopo aver negato la propria presenza nel vento, nel terremoto, nel fuoco.

La seconda parte della Lettera è dedicata alle Indicazioni Pastorali, intese a suggerire alcune piste operative, da integrare con nuove proposte delle comunità cattoliche sparse nel territorio. Partendo dall’affermazione forte e coraggiosa che “la chiesa è solo un ponte necessario per avanzare, non la meta”, e che “la parrocchia resta fondamentale, ma non può non allearsi con realtà più ampie. Nessuno ha in mente di abolire i campanili. Il campanilismo, però, è ormai decisamente anacronistico”, il Vescovo incoraggia a un’azione pastorale diffusa, impegnata a trasformare l’immobilismo esistente. Invita pertanto a “riaprire le chiese, perché diventino scuola in cui reimparare il silenzio, luoghi nei quali chiunque possa non solo trovare uno spazio in cui celebrare il mistero di Dio, ma anche semplicemente sostare nella ricerca di un anelito di umanità. Vivere un tempo di sosta e di silenzio, sottratto alla frenesia della corsa e alla schiavitù dell’utile”.

Il silenzio va incentivato nei luoghi formativi della cattolicità, dalla catechesi alla riflessione teologica. E in che modo? Fare, custodire, insegnare, condividere il silenzio, diventando “sia come persone che come comunità, spa zi di ascolto, laboratori di contemplazione… per entrare in relazione con sé stessi, con gli altri e con Dio”. È opportuno promuovere “centri di ascolto del Vangelo, di scuole della Parola, incontri di cultura biblica”, e “riscoprire il silenzio nelle celebrazioni, talora frettolose e assordanti, preoccupate di riempire spazi e rispettare forme più che di aprire cuori e menti alla realtà che si celebra”, garantendo alcuni momenti di riflessione personale “dopo l’ome lia, come aveva insegnato Benedetto XVI, e dopo la comunione, invece di aprire il profluvio degli avvisi parrocchiali”.

Domenico Pompili conclude la sua Lettera con paterna sollecitudine, nell’esortazione ad accogliere il silenzio allestendo “una ‘tavola comune’ a cui sedersi insieme per condividere la fatica di un mondo che è diventato sordo per il troppo gridare”.

 

© Riproduzione riservata         «Mosaico di pace», 14 febbraio 2024