CARMELO SAMONA’, FRATELLI – SELLERIO, PALERMO 2008

Carmelo Samonà, studioso di letteratura spagnola, ha scritto il suo primo romanzo, Fratelli, a più di cinquant’anni, incontrando subito il favore unanime della critica. Il suo è in effetti un bel libro, scritto in maniera elegante, senza pesantezze o lungaggini. Poco più di cento pagine dedicate a una vicenda che non ha trama né grossi avvenimenti, non ha inizio né fine, non è in alcun modo “esemplare”: il sociale, il politico, non vi entrano assolutamente. Il reale stesso sembra avere poco spazio. E’ una storia tutta privata, intima senza essere intimistica, senza sbavature o autocompiacimento. E’ l’analisi di un rapporto particolare; di coppia, certo: ma tra due fratelli. Uno, che scrive in prima persona, dedica il suo tempo alla cura dell’altro che è malato di mente. Non c’è molto di più, se non presenze misteriose che a volte hanno consistenza corporea (una donna alleata-nemica, incontrata al parco, che a un certo punto si inserisce tra i due e sembra dividerli; la folla delle vie cittadine), a volte sono invece soggetti infidi, che sembrano solo fingersi reali, e non esserlo veramente (l’appartamento enorme e tetro in cui i due fratelli si cercano, rincorrendosi e nascondendosi; i vestiti che si scambiano, gli alberi del parco), a volte sono viaggi fantastici, racconti fiabeschi che appartengono a un codice linguistico modellato sull’espressività del malato, oppure la malattia stessa. I due fratelli vivono l’uno in ragione dell’altro, ciascuno misurandosi sulla presenza o l’assenza dell’altro («ci scrutiamo»). Ma mentre il malato vive gestualmente, con l’istintività che è propria della malattia, il sano analizza con spietatezza cerebrale sia i fantasmi del fratello sia i suoi stessi sentimenti, che oscillano tra affetto e sadismo, stanchezza e possessività. Controlla se stesso, le proprie effusioni, scompone parole e pensieri nel tentativo di decifrare il mondo in cui vive il malato. Sembra ad un certo punto individuarne la follia, scrutarne silenzi ed espressioni per arrivare a percepire almeno qualcosa di un universo che gli rimane sconosciuto. Il fratello è l’ignoto, l’irrazionale, e insieme la spontaneità animale, la fisicità che non ha bisogno di razionalizzazioni. In questa sua ricerca e ansia (che è intellettuale, come volontà di conoscere l’ignoto; ma è religiosa in questo rispetto per il sacro), il sano finisce per caricare anche la pazzia del fratello di dimensioni troppo colte: e questo potrebbe essere l’unico neo del testo. Rimane, comunque, un libro inquieto e misterioso, che si potrebbe definire, anche se il termine è generico, “spirituale”. In questa dimensione si può leggere infatti tutto un capitolo, il settimo, in cui il malato mantiene una sua segreta inconoscibilità, o inconsistenza, diventando agli occhi del fratello carico di tanti aspetti e risposte: «Sono tre leggeri colpi di nocche alla porta a vetri della mia stanza, scanditi e trattenuti più con affanno, direi, che con forza; poi la sagoma di una figura giovanile ancora imprecisa si disegna nella smerigliatura dei vetri e resta per un poco così, immobile ed implorante, in attesa della mia voce… Cercami – è la sua strana risposta: la voce è tremula e sorda, le parole, sillabate staccate l’una dall’altra, ripropongono un vecchio invito. Cercami di nuovo – aggiunge – anche se mi hai trovato».

 

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www.sololibri.net/Fratelli-Carmelo-Samona.html             26 ottobre 2015