BERNHARD SCHLINK, IL LETTORE – NERI POZZA, MILANO 2018

Pubblicato da Garzanti nel 1996 con il titolo A voce alta, riedito nel 2010 come The reader, e nel 2018 da Neri Pozza come Il lettore, da questo avvincente libro di Bernhard Schlink è stato tratto nel 2008 un film interpretato da Ralph Fiennes e Kate Winslet, per l’occasione premiata con l’Oscar. Si tratta di uno dei romanzi fondamentali della narrativa tedesca contemporanea, “stilisticamente perfetto, inquietante e moralmente devastante”, secondo la definizione del Los Angeles Times, tradotto in più di venti lingue, premiatissimo e a lungo ai vertici delle classifiche di vendita nel mondo intero. La sua fama deriva dall’aver saputo dosare in giusta misura vicende private e storia collettiva, tenerezza personale e sdegno civile, attraverso una prosa asciutta, incalzante, priva sia di retorica sia di morbosità.

Protagonista maschile è Michael Berg, un quindicenne che vive a Heidelberg negli anni del secondo dopoguerra. Colto da malore sulla strada di casa viene soccorso da una vicina, bionda e solida quarantenne dai modi spicci e sicuri. L’avvenenza tranquilla e senza artifici della donna colpiscono profondamente il ragazzo, il quale, non appena riavutosi da una debilitante e lunga malattia, inizia a frequentare la casa di lei animato da un turbamento che pian piano si trasforma in passione. Hanna Schmitz lo accoglie con naturalezza compiaciuta, iniziando con il “ragazzino” – come lo chiama – una relazione sempre più coinvolgente.

Il rapporto tra i due, tenuto segreto a tutti con una complicità che è vergogna degli altri ma anche reciproco imbarazzo, si approfondisce nel tempo non solo da un punto di vista sessuale, ma anche affettivamente e culturalmente. Perché la donna, semplice bigliettaia su una linea tranviaria molto frequentata, e Michael, liceale figlio di un professore universitario, sembrano avere inclinazioni letterarie comuni, e lei pretende che il giovane le legga a ogni incontro pagine e pagine di classici, da Omero a Tolstoj, “a voce alta”. La loro relazione va avanti per quasi un anno, arricchendosi di stimoli nuovi (un viaggio di alcuni giorni in bicicletta attraverso il paesaggio del Baden-Württemberg; concerti, cinema, teatro), finché tra loro si apre qualche incrinatura, poiché Hanna sembra voler custodire con gelosia inconfessabili segreti, e Michael le tace la propria attrazione per una compagna di scuola.

Improvvisamente, la bigliettaia sparisce senza lasciare traccia di sé, e il ragazzino vive questo abbandono come un tradimento, si indurisce nei riguardi del prossimo, chiudendosi in una corazza di indifferenza e superficialità: si concede molte storielle facili, pratica svogliatamente un po’ di sport, studia senza interesse fino all’iscrizione alla facoltà di giurisprudenza. Qui la sua strada si intreccia nuovamente con quella di Hanna, accusata di aver redatto un elenco di donne ebree da deportare ad Auschwitz e processata come ex-sorvegliante in un lager nazista. Michael assiste a tutte le udienze in tribunale, senza perdere una seduta, senza scambiare nemmeno una parola con l’imputata, pur sentendosi legato a lei da un filo tenace di comprensione, di condivisione anche del non detto, del molto taciuto. E finalmente arriva a intuire il motivo reale dell’abbandono dell’antica amante, i tanti sotterfugi cui ricorreva, gli appuntamenti mancati, le lettere rimaste senza risposta, la continua richiesta di fare di lui un lettore privilegiato. Pur di non rivelargli il suo analfabetismo, Hanna aveva deciso di troncare il loro rapporto, e in seguito preferisce passare per criminale piuttosto che umiliarsi confessando pubblicamente di non saper né leggere né scrivere: ammette quindi le proprie responsabilità politiche, pur con qualche esitazione, e viene condannata a diciotto anni di carcere.

Michael potrebbe parlare, salvandola così dalla prigione, ma non lo fa per rispettare la sua riservatezza. Sceglie una monotona professione in ambito legale, si sposa e divorzia, passando con indifferenza attraverso altre relazioni, ma è sempre ad Hanna che pensa, e ricorda con uno struggimento misto a sensi di colpa e a rimpianto. Decide infine di farsi vivo con lei nell’unico modo che gli è concesso, e registra decine di cassette leggendo e inviando alla detenuta tutto quello che gli capita, oltre a quello che man mano va componendo lui stesso come scrittore. Solo dopo alcuni anni, la donna gli risponde con grafia incerta: “Ragazzino, l’ultima storia era molto bella. Grazie”.

Così i due continuano a comunicare, lui attraverso le registrazioni, lei con bigliettini scritti via via con maggiore sicurezza, fino a quando, sessantenne, termina di scontare la pena.

Il romanzo non si conclude qui, ma chi volesse conoscerne il finale, di certo non consolatorio, farebbe bene a non accontentarsi di questa recensione, e a leggerlo per intero, non solo per soddisfare la  curiosità, ma anche per godere di uno stile elegante di scrittura, come si addice a un appassionato “reader”.

 

© Riproduzione riservata              «Gli Stati Generali», 18 gennaio 2023