LUCA TOGNONI, DISTANZE – CAMPANOTTO, UDINE 2015

Un volume che offre al lettore versi di una delicatezza pudica e quasi ombrosa – nel senso che paiono temere qualsiasi esibita ostentazione di sé -, questo che Luca Tognoni (1977) ha pubblicato con l’editore friulano Campanotto. Benché l’autore sia laureato in filosofia, la sua poesia rifugge da teorizzazioni intellettualistiche, da tortuosità psicologiche, da sperimentazioni linguistiche. Si tratta di una scrittura puramente ed essenzialmente descrittiva, dello stesso nitore che possiamo ritrovare in alcuni acquerelli paesaggistici, anche là dove non è l’ambientazione esterna che prevale, ma l’attenzione al gesto, allo sguardo dell’altro da sé, alla sua parola e al suo silenzio. È appunto il silenzio a dominare l’espressione poetica di Tognoni, nel reiterarsi delle pause che privilegiano il taciuto e il sottinteso. Si legga per esempio la bella composizione riportata anche in quarta di copertina: «Vivi lontano, / sai del quieto giorno, / del fico che si piega / un poco al vento. / Sai dell’amore / che muta nel profondo. / Sai del tempo».  Oppure quest’altra: «Essere l’alba / dove l’acqua trema / o il lento insetto / che attraversa il grano. // Essere, forse, / dove nessuno è stato, / prima che giunga inverno».

Silenzio, lentezza, colori sfumati, il tempo quasi immobile della campagna: i versi di Luca Tognoni sono orgogliosamente inattuali, nel contenuto come nella forma. Non si intravede in essi alcun interesse per l’impegno politico e la vita sociale, per i miti imperanti della moda, del successo, dell’apparire. Non offrono spazio alla passione, o all’emotività esasperata. Amore e amicizia sono raccontati utilizzando la terminologia degli affetti, circoscritta a un ambito prevalentemente familiare: «Voglio essere l’uomo / che torna, / dopo tanto vagare, / alla casa del padre». È forse solo per la cagnetta morta che il poeta osa scoprirsi nell’intimità della sofferenza: «Sono venuto a trovarti, / mio amore, / dove grigia è la terra / e il cipresso che svetta / fa ombra. / Il mattino di giugno / ha il colore dell’erba / e l’insetto / e ogni cosa che vive / parla ancora di te». Distanze, infatti, è il titolo che Tognoni ha scelto per questa sua prima raccolta: il suo è un osservare la realtà non con distacco, ma con la discrezione di chi teme l’irruenza e l’aggressività del possesso, l’imposizione di una prepotenza. I nomi a cui sembra rifarsi la sua poesia sono quelli di una tradizione letteraria novecentesca poco sfruttata (Cardarelli e Valeri, oppure Govoni e Betocchi): voci pressoché dimenticate, ma che un epigono attento e sensibile può e deve saper fruttuosamente recuperare.

 

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www.sololibri.net/Distanze-Luca-Tognoni.html      23 novembre 2017