DARIO EDOARDO VIGANÒ, IL BRUSIO DEL PETTEGOLO – EDB, BOLOGNA 2016

 

Il volumetto che Monsignor Dario Viganò ha pubblicato nel 2016 con le Edizioni Dehoniane, Il brusio del pettegolo, ha un sottotitolo esplicativo: Forme del discredito nella società e nella Chiesa. Monsignor Viganò può vantare titoli legittimi per occuparsi di questa spinosa questione in ambito sia civile sia ecclesiale, essendo intellettuale stimato a livello internazionale, autore di rilevanti pubblicazioni sul cinema e sul mondo dei media, e avendo occupato incarichi prestigiosi all’interno del Vaticano e della Pontificia Università Lateranense. Da pochi mesi è stato nominato Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ma in passato è stato oggetto di polemiche e contestazioni che lo avevano costretto a dimettersi dal ruolo di Prefetto del Dicastero per la Comunicazione.

Già il titolo dell’introduzione al saggio (“La pietra più dura che esiste al mondo: la lingua”) mette in luce quanto sia pesante, dannosa e deprecabile l’abitudine alla mormorazione, al pettegolezzo (“figlio primogenito dell’invidia”), che finisce spesso per sfociare nella diffamazione e nella calunnia. Papa Francesco lo definisce un peccato diffuso e difficile da combattere: “Su questo punto, non c’è posto per le sfumature: se parli male del fratello uccidi il fratello. E, ogni volta che facciamo questo, imitiamo il gesto di Caino, il primo omicida”.

Forza motrice, subdola e distruttiva, del pettegolezzo è appunto l’invidia, “che non desidera avere ciò che l’altro possiede; piuttosto, desidera radicalmente che l’altro non disponga di ciò che io non possiedo oppure ho perduto”. Il calunniatore, il cui perfido simbolo è il serpente, usa le armi della parola superficiale, ambigua e seduttiva per seminare sospetto e biasimo. Da studioso della comunicazione, Dario Viganò si propone di indagare in che modo la chiacchiera, la calunnia e la delazione riescano a innescare nella società, attraverso le pratiche dei rumors, strategie finalizzate a ottenere ascolto e consenso, per provocare l’esclusione e spesso l’eliminazione di un rivale o antagonista scomodo. I rumors sono sempre esistiti: ne è testimonianza il consiglio che la dea Atena diede a Ulisse, invitandolo a camuffarsi perché non si spargesse anzitempo la notizia del suo ritorno a Itaca.

“I rumors sono forme di comunicazione soggette a una continua rinegoziazione, testi aperti che possono conoscere infinite aggiunte ed elaborazioni, fin quando non vengono assorbiti dall’oblio collettivo. Vivono nello sfondo antico e diffuso dell’attività comunicativa reticolare”. All’epoca dell’oralità primaria, il passaparola utilizzava i modi della simultaneità e della compresenza: e ancora nei Vangeli la relazione tra Gesù, i discepoli, la folla dei seguaci e gli oppositori, era intessuta in questo modo, creando legami sociali di unione, riconoscibilità o di opposizione. Più tardi, con l’avvento della scrittura, la chiacchiera veniva sviluppata dai pamphlet e dai testi di parodia.

La forza strategica dei rumors si è amplificata con l’avvento dei media digitali, e soprattutto con lo sviluppo dei social, che grazie alla loro natura conversazionale alimentano in maniera esplosiva la circolazione di pratiche narrative capaci di coinvolgere progressivamente e rapidamente un numero enorme di attori sociali. La propagazione di virus comunicativi viene utilizzata economicamente nel commercio online, nelle strategie pubblicitarie, in operazioni di propaganda politica, in cui il recettore del messaggio finisce per assumere funzioni di autorialità o co-autorialità. Le fake news presenti sul web si diffondono volontariamente, con un atto autonomo e intenzionale di comunicazione che produce riverberi volutamente programmati per generare coesione e/o isolamento sociale. Quali sono le caratteristiche dei rumors? Per ciò che riguarda il contenuto “sono un genere di discorso onnivoro”, che può avere come oggetto qualsiasi argomento; dalla vita dei vip alle leggende metropolitane, dagli allarmismi delle pseudoscienze al successo di libri e film, dalla politica alla religione o allo sport. Si attivano a partire da un evento non verificato ma credibile, portatore di grande impatto emotivo, trasmesso da persone ritenute attendibili e spesso introdotto ad arte nel circuito informativo con evidenti scopi strategici.

È un processo collettivo, non lineare, che coinvolge diversi attori con differenti ruoli e responsabilità, realizzando effetti di distorsione che si autoalimentano secondo il numero dei soggetti e dei media coinvolti nella trasmissione e diffusione della notizia. Un racconto originato da un fatto presunto, si trasforma in una narrazione complessa che nel tempo si arricchisce di sempre nuovi dettagli e sottintesi, in una catena di rimandi divulgativi realizzanti coesione e consenso, psicologicamente finalizzati a produrre aggressività verso un oggetto, o difese da paure comuni. L’obiettivo ultimo di queste comunicazioni virali è comunque politico, teso a creare conformismo sociale, obbedienza acritica, ottundimento del giudizio individuale.

Il pettegolezzo, diffuso in ogni ambiente (Monsignor Viganò si sofferma particolarmente su quello ecclesiastico) ha in genere motivazioni affettive di amore/odio, o di interesse professionale, e tende a generare discredito o approvazione su un fatto o personaggio di rilievo: non avrebbe alcun successo se l’ambiente circostante non fosse recettivo, riproduttivo e malignamente interessato alla diffusione. Veicola ostilità e disprezzo, aspira a umiliare e svilire il prossimo: più subdolo, anonimo e sotterraneo dell’atto di aperto bullismo, è in grado di ottenere conseguenze socialmente devastanti, e in genere procura un sottile, indubbio piacere e un sentimento di rivalsa in chi lo pratica.

 

© Riproduzione riservata       17 gennaio 2020

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