ZURIGO E UNA DONNA

 

La sera della partenza scrisse una lettera alla sorella, mentre sedeva a un tavolo della sala d’aspetto della stazione, con la testa appoggiata al braccio sinistro, la sigaretta in bocca.

“Questa è l’ultima lettera mia che riceverai da Zurigo. Parto questa sera stessa, lascio questa città che magari non esiste veramente, o esiste solo nei listini di borsa. Ci ho vissuto per un anno, ed è stato un anno incorporeo, di nebbia. Mi hai chiesto spesso di descrivertela, Zurigo. Cosa dirti se non che ha un lago, due fiumi e una collina, tram azzurri e bianchi che la tagliano veloci in tutte le direzioni… Non è una città virile, piuttosto androgina. La si può amare od odiare intensamente e contemporaneamente, come succede con le persone. Non la puoi paragonare a una città delle nostre; immaginati invece una donna alta, ossuta, con occhi larghi e chiari. Con dita lunghe, voce profonda. Una donna non bella, non giovane, che tuttavia ti costringe a guardarla, quando l’incontri. Che ti ossessiona anche se in realtà non la conosci. Però lei conosce te, e ti prevede in ogni mossa. Una che tu vorresti prendere, possedere, ma di cui hai paura. Io scappo da lei, scappo da Zurigo. E non riesco a spiegarti come, e perché, sono così terrorizzato all’idea che lei possa seguirmi”.

Imbucò la lettera prima di salire sull’Intercity per Chiasso. La città era illuminata a bagliori da luci bianche e rosse, e oltre il tetto della stazione insegne al neon reclamizzavano assicurazioni, banche e l’Hotel Continental.

“Addio” pensò Guido, sporgendo la testa dal finestrino, accendendosi una sigaretta. Il treno si mosse, lento e silenzioso. “Addio”, gli ricambiò il saluto una mano pallida da un cartellone pubblicitario, la mano di una donna fotografata di spalle, un grande cappello nero in testa e, sotto, un codino biondo. Guido pensò senza stupore “Eccola ancora, fino all’ultimo. Ma io la lascio. È Zurigo che lascio. Per sempre”. Addio, dunque, e tirò su il finestrino, ci si appoggiò con la schiena, continuando a fumare, calmo come da tempo non gli era più successo.

Poteva essere stata l’immagine di un manifesto, quella che l’aveva tormentato per mesi? O non era invece la Susan in carne e ossa che lui continuava a proiettare in ogni donna, a vedere ovunque?Immagine o realtà, era comunque rimasta lì, sul binario numero uno dell’Hauptbahnhof.

Guido entrò nello scompartimento e si stravaccò sul sedile. Schiacciò il mozzicone nel portacenere, poi gli venne in mente che aveva lasciato il giornale in valigia. Si alzò straccamente, spostò una borsa, tirò giù la valigia. Gli scivolò davanti agli occhi, legato con uno spago al portabagagli, un depliant illustrativo:

Zürich: Ihr werdet sie nicht so leicht vergessen

Zurich: vous ne l’oublierez pas facilement

Zurigo: non la dimenticherete facilmente

Lei era lì, col suo codino biondo, Grossmünster e il fiume Limmat alle spalle. Lo guardava seria, muoveva appena le dita a dirgli ciao, sono con te.

 

 

In Sotto assedio, Gattomerlino edizioni, Roma 2023