ALBERT EINSTEIN, RELIGIONE COSMICA – MORCELLIANA, BRESCIA 2016

Si è discusso a lungo se Albert Einstein (1879-1955) fosse o meno credente, riportando spesso a sproposito la sua nota affermazione “Dio non gioca a dadi con l’universo”, che ribadiva al collega Max Born la granitica convinzione di un ordine armonico del cosmo strettamente determinato dai principi fisici di causa ed effetto. Già molti filosofi della natura (Galileo, Cartesio, Pascal, Newton, Leibniz…) avevano manifestato uno spirito religioso, e anche Einstein veniva spesso inserito in questa corrente di pensiero, come si evince dal suo saggio del 1931, Cosmic Religion with Other Opinions and Aphorisms, riproposto integralmente per la prima volta in italiano dall’editrice Morcelliana nel 2016, con il titolo Religione cosmica.

Questo volumetto raccoglie non solo i contributi diretti dello scienziato, ma anche un apprezzamento di G. B. Show alle sue teorie scientifiche e un dialogo con il poeta e mistico indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) sulla controversa relazione tra scienza e teologia. Einstein non nascose mai la sua avversione nei confronti delle religioni organizzate, e nel dibattito con Tagore contrapponeva alla prospettiva soggettivistica, umanistica e antropocentrica di quest’ultimo un punto di vista oggettivistico della natura, svincolato e non condizionato dalle opinabili credenze degli uomini: “Credo che il teorema di Pitagora affermi qualcosa di approssimativamente vero, indipendentemente dall’esistenza umana”.

Nei due testi sul Pacifismo e sugli Ebrei, come in alcuni Aforismi che accompagnano il saggio iniziale, le opinioni del geniale scienziato possono apparire utopistiche, ingenue, o addirittura sconvenientemente datate. Se negli anni ’30 Einstein proponeva con innocente candore l’abolizione del servizio militare e degli eserciti per arrivare al disarmo mondiale, esprimendo una ferma condanna della corsa agli armamenti da parte di tutte le nazioni, nello stesso tempo tuttavia caldeggiava, in una prospettiva decisamente sionista, la colonizzazione della Palestina per rafforzare la dignità degli ebrei della Diaspora, e preservarne la tradizione spirituale. Negli Aforismi rivelava inoltre di aver imprudentemente sottovalutato la pericolosità del nazismo: “Hitler vive – o dovrei dire sta seduto? – sullo stomaco vuoto della Germania. Non appena miglioreranno le condizioni economiche, Hitler cadrà nell’oblio”. Pure la sua considerazione delle donne, come reso manifesto da alcuni elementi biografici, rivelava i pregiudizi maschili di un uomo nato nell’ultimo ventennio del XIX secolo: “Nella signora Curie non vedo altro che una brillante eccezione. Anche se ci fossero più scienziate del suo calibro questo non costituirebbe un’argomentazione contro la debolezza fondamentale dell’organizzazione femminile”.

Sempre negli Aforismi troviamo alcune intuizioni sull’esistenza di Dio che ci indirizzano verso la comprensione del saggio più importante: “Il mio sentire religioso è un umile stupore di fronte all’ordine rivelato nel piccolo appezzamento di realtà a cui corrisponde la nostra debole intelligenza”, “Vedo una trama. Ma la mia immaginazione non è in grado di raffigurare l’autore di questa trama. Vedo l’orologio. Ma non riesco a figurarmi l’orologiaio. La mente umana non è in grado di concepire le quattro dimensioni. Come potrebbe concepire un Dio, per il quale mille anni e mille dimensioni sono uno?”

Cosa affermava quindi Albert Einstein nelle cinque paginette di Religione cosmica? Poche, scarne e radicate convinzioni. In primo luogo, che il pensiero religioso è stato determinato agli albori dell’umanità da due sentimenti basilari: la paura (della morte, della malattia, della fame, degli animali selvatici) e il bisogno (di guida, amore, protezione, aiuto). Tali stati emotivi hanno fornito lo stimolo alla crescita della concezione di Dio, successivamente stabilizzata dalla formazione di caste sacerdotali mediatrici tra il popolo e un essere superiore, che ha garantito loro una posizione di potere. Riteneva dunque che il senso religioso nella sua forma più elementare fosse basato su una percezione irrazionale di timore, e solo successivamente si fosse trasformato in religione morale, per giungere nello stadio più elevato a un terzo livello di esperienza, quello della religione cosmica, lontana sia da qualsiasi dogma e superstizione, sia da un’idea di Dio dai caratteri antropomorfi in grado di interferire negli eventi naturali o nelle azioni umane con premi e castighi. “Il comportamento etico dell’uomo trova miglior fondamento nell’empatia, nell’educazione, nelle relazioni sociali, e non richiede alcun supporto della religione. La difficile condizione dell’uomo sarebbe, invero, triste se la paura della punizione e la speranza di ricompense dopo la morte fossero gli unici modi di fargli rispettare l’ordine”.

Il libro qui preso in esame si conclude con un’ampia e interessante postfazione degli stessi curatori del testo inglese, Enrico Giannetto e Audrey Taschini, docenti all’Università di Bergamo, che esplorano le radici spinoziane della teofisica di Einstein, con un ricchissimo apparato di note. Come per Baruch Spinoza (1632-1677), per Einstein Dio e Universo coincidono, e nella loro misteriosa impenetrabile bellezza possono essere intuiti solo da una religione cosmica, vera e disinteressata forza motrice della ricerca scientifica. La scienza, lungi dal minare le fondamenta della morale, si fonda su una visione razionale della struttura regolata e mirabile del cosmo e sulla compassione per tutti gli esseri viventi. Entusiasta lettore dell’Etica spinoziana, Einstein aveva scritto: “Noi seguaci di Spinoza vediamo il nostro Dio nell’ordine meraviglioso e nella pienezza della legge di tutto ciò che esiste, e nella sua anima come si rivela negli esseri umani e animali”.

Giannetto e Taschini, in un denso excursus delle teorie della fisica da Galilei a Hawking, sottolineano quanto la scoperta della relatività generale einsteiniana sia stata influenzata dalla teologia del filosofo olandese, convinto assertore dell’identificazione di Dio e Natura: energia e materia che si auto-costituiscono in uno spazio-tempo diventano attributi dell’unica sostanza divina, attiva e potente nell’Universo, al cui ordine l’uomo deve uniformarsi in un sentimento religioso di ammirazione per il creato e di collaborazione con i suoi simili.

 

© Riproduzione riservata               «La poesia e lo spirito», 6 aprile 2023