ERALDO AFFINATI, ELOGIO DEL RIPETENTE – MONDADORI, MILANO 2013

Eraldo Affinati, stimato e impegnato narratore quanto appassionato insegnante, racconta in questo volume la scuola italiana di oggi, prendendo una decisa e coraggiosa posizione a fianco degli ultimi, dei più deboli: dei bocciati. Cinquant’anni dopo Don Milani, la sua lettera pedagogica non ha più come destinatario una ipotetica professoressa appartenente a una borghesia intellettualmente e moralmente striminzita, bensì uno dei tanti pinocchi (spilungone, annoiato, strafottente, addirittura violento) che occupano sbadigliando gli ultimi banchi delle nostre classi. Il ritratto che fa Affinati di questa dilagante massa di irrecuperabili alunni è impietoso e disperante: maschi e femmine provenienti da famiglie inadeguate, culturalmente ed economicamente povere, spesso straniere. Adolescenti che esibiscono provocatoriamente la loro ignoranza, assistono alle lezioni in stato semi-catatonico oppure opponendo resistenza attiva, esprimendo la loro rabbia verso oggetti e persone, frustrati dall’indifferenza delle istituzioni e disperati nelle loro prospettive future. Affinati, forte della sua decennale esperienza in istituti professionali della periferia romana, solidarizza completamente con questi incolpevoli paria della nostra istruzione, vittime di anacronismi didattici, confinati in scuole fatiscenti, incapaci di qualsiasi dialogo con il mondo degli adulti, privi di curiosità intellettuali e insensibili alla politica. Consapevole dell’importanza del suo ruolo di educatore, e del rilievo affettivo (da vice-padre) della sua figura di docente, convinto anche di esercitare «il mestiere più bello del mondo», Affinati tratteggia i ritratti di questi suoi alunni: li segue nei loro tortuosi percorsi esistenziali e scolastici, li va a cercare a casa, se li porta in giro per Roma o li recupera nelle discoteche, sui campetti da calcio, nelle officine dove lavoricchiano in nero, nei bar, sul litorale quando ci si rifugiano in gruppetti per fumare canne. Ogni risposta esatta nelle interrogazioni è una conquista, ogni promozione una vittoria, la maturità ottenuta un riscatto davanti alle macroscopiche ingiustizie sociali. Lo studente preferito non è tuttavia quello promosso, ma quello che esprime una sua eccellenza umana, fatta di generosità e solidarietà verso i compagni. Perché se è legittimo scagliarsi contro sistemi di valutazione obsoleti e castranti (griglie, voti, note, dettati, prove Invalsi, DSA, programmazioni assillanti), è altrettanto doveroso sottolineare che a questi «ragazzi persi» è stato rubato qualcosa di fondamentale: la fiducia in se stessi e nel domani, la possibilità di un riscontro positivo in chi li giudica solo dai risultati e mai dagli sforzi compiuti, l’autostima, o semplicemente uno sguardo più comprensivo, affettuoso, incoraggiante.

«Incroci» n.29,  giugno 2014