JUAN CARLOS GALEANO, AMAZZONIA – DEL VECCHIO, FIRENZE 2023

Juan Carlos Galeano (poeta, saggista e traduttore) è nato nel 1958 nell’Amazzonia colombiana; emigrato negli Stati Uniti, insegna oggi all’Università della Florida. Oltre ad Amazzonia ha pubblicato un altro volume di versi e due antologie di miti indigeni. Anche in questo più recente lavoro, oggetto della sua riflessione ideologica e letteraria è il popolo della foresta, radicato nel mondo di animali e piante che il grande fiume – materno, paganamente divino – attraversa e nutre.

Delle cinquanta composizioni qui raccolte con testo spagnolo a fronte, la prefatrice Serenella Iovino sottolinea giustamente il tratto animista che accomuna in maniera metamorfica “delfini, alberi, ragazze, uccelli, serpenti, perfino oggetti all’apparenza inanimati”. Di questo universo Juan Carlos Galeano si fa interprete e avvocato difensore, come esplicita nell’epigrafe del volume: “Culture e specie viventi che non si connettono e non si scambiano con altre, si isolano, si impoveriscono, si indeboliscono. Vivere implica elaborare, tradurre e interpretare il mondo per andare avanti”.

Un impegno programmatico che lo scrittore traduce in versi simili a preghiere corali, a cantilene che mantengono l’ingenuità e la purezza dei girotondi infantili. In essi troviamo ricordi personali (il bucato steso al sole, la cameretta tappezzata da poster devozionali e profani, le notti passate a osservare il firmamento), flash di feste paesane, processioni e spettacoli teatrali, ma soprattutto la ribadita alterità degli indios, con le loro leggende e usanze, con la malinconica resistenza alla civilizzazione conquistatrice e la paura di un’espropriazione della propria cultura. Ragazzi che legano un filo intorno al collo degli avvoltoi facendoli volare come aquiloni, ragazze che si innamorano del fiume e vorrebbero diventarne le spose, bambini trasportati dalle madri in canoa e poi abbandonati nella foresta, adulti timorosi di affrontare nelle città le auto e le motociclette, villaggi impazziti di gioia per la pioggia.

Se il padre di Galeano si era trasferito con la famiglia in Amazzonia spinto dall’ideale di insegnare agli indigeni a pensare, il figlio poeta finisce per sodalizzare con la scelta dei nativi di continuare a vivere in un luogo stregato, in cui succedono cose incomprensibili alla nostra ristretta logica occidentale: le dita di una mano si trasformano in serpenti, le foglie degli alberi diventano banconote per arricchire le piante più povere, mari e monti giocano al tiro alla fune, un anaconda si addormenta solo se avvinto al corpo di un uomo, scimmie fanatiche e tartarughe giganti si aggirano minacciose a presidiare il suolo, di cui da sempre sono legittime padrone.

Tripudio delle acque del Rio amazzonico, e di cascate, torrenti, diluvi scroscianti, laghi profondi e pacifici (“Un lago è un essere solitario che non vuole problemi”), abitati da sirene, bisce, pesci esotici (gamitana, piranha, pirarucu, tucunaré…) e da pescatori che li sventrano ridendo, accerchiati dai volteggi di delfini acrobatici. Tripudio di aria e cielo, con nuvole danzanti che vanno a svernare a New York (“Le nuvole appaiono e scompaiono come se fossero pensieri”), tuoni e fulmini, satelliti, pianeti e stelle così matte da richiedere le cure di uno psichiatra.

L’immaginazione dell’artista, redivivo “Ovidio amazzonico”, rianima le cose morte come nelle fiabe di Andersen, resuscitando miti, leggende, trasfigurazioni miracolose in uno spazio magico, innocentemente sensuale.

Per il vorticoso sovrapporsi di visioni e colori, l’invenzione poetica di Juan Carlos Galeano si potrebbe accostare all’esperienza surrealista, ma in realtà è più vicina ai dipinti naif, agli sgargianti murales sudamericani, a rutilanti caleidoscopi, come nella più rappresentativa delle poesie qui antologizzate, Leticia: “Il sole e le nuvole si giocano a carte il mezzogiorno. / Quando vincono, le nuvole lasciano cadere pesci e delfini nelle strade di Leticia. / (Se perdono, scendono a prendere il sole coi turisti). / I pesci fanno i tassisti e quando scende la notte salgono a dormire tra le stelle. / Nei cortili delle case i delfini suonano la chitarra e fanno innamorare le ragazze. / Il cuore ardente di una nuvola dice che non può più competere con il sole. / Si ubriaca e si butta nel fiume vestito. / Il sole ogni notte fa il mangiatore di fuoco per il circo che viaggia lungo il fiume, / e poi fa il bagno coi delfini e le ragazze”.

 

© Riproduzione riservata          «L’Indice dei Libri del Mese” n. XI – Novembre 2023