JOSÉ TOLENTINO DE MENDONÇA,  ESTRANEI ALLA TERRA – CROCETTI, MILANO 2023

José Tolentino de Mendonça (Machico 1965), cardinale, teologo, docente universitario, dal settembre 2022 è Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione. Recentemente vincitore del Premio Lerici Pea, nel 2014 ha rappresentato il Portogallo nella Giornata Mondiale della Poesia. Tra i temi principali delle sue numerose raccolte di versi, oltre a un rapporto intimamente vissuto con la natura, troviamo la riflessione filosofica sulla libertà e sul tempo come eventi dell’umano e del sovrumano, inseriti in un ambito di pensiero cristiano apertamente ecumenico.

Estranei alla terra è il suo ultimo volume, edito da Crocetti: comprende i versi pubblicati in La strada bianca del 2005 e in Teoria della frontiera del 2017. A conclusione di entrambe le sezioni, Mendonça ha voluto apporre due riflessioni teoriche su significato e finalità della poesia, di cui sottolinea il carattere dissidente, ereticale, addirittura guerrigliero e fuorilegge: “Una poesia abbraccia precisamente l’impurezza che il mondo ripudia”. Nella sua “estraneità alla terra”, la poesia assume la forma di apostasia, indifferente all’“onnipotenza di ciò che è visibile, stabile, appreso”.

Per nulla consolatoria o devozionale, la voce intensamente spirituale di José Tolentino Mendonça è anche profondamente incarnata nell’innocente “materialità del corpo”, nella sua “esatta trasparenza”: “Ogni corpo è sempre senza speranza / e, tuttavia, la speranza / solo ai corpi appartiene”. I corpi abbruttiti e sofferenti degli emarginati e dei clandestini, destinati ad assumere su di sé “la spazzatura del mondo”, in realtà rivestono i panni luminosi degli angeli di Jahvé.

C’è, nella poesia di Mendonça, un’esplicita e orgogliosamente esibita ostilità verso il limite, la costrizione, la regola imposta: “malgrado fissa dimora e orari stabiliti / è per strada che dormiamo, a cielo aperto”, mentre è all’infinito che aspira, allo sconfinato di cui giustamente parla Alessandro Zaccuri nella partecipe prefazione, quando afferma che solo la poesia – in virtù della sua smisuratezza, della sua “natura originaria e insieme insurrezionale” -, è autorizzata ad avventurarsi nelle regioni dell’interiorità e del sacro. Della riflessione introspettiva il poeta conosce beneficio e seduzione, ma anche il turbamento e “l’indefinibile inquietudine”, il “governo del vuoto / … la caduta senza fine”. La noche oscura di San Juan de la Cruz preme su di lui con lo strazio dell’inadeguatezza, del dubbio e dell’abbandono: “a volte vedo andare a rotoli / giù per le scale la mia vita”, “Da parte mia non so mai / se sono irrimediabilmente lontano o troppo vicino a Dio”, “immagino il mio scendere nel buio / scialuppa calata nella solitudine”.

A salvarlo interviene la nostalgia di assoluto, l’attesa del miracolo, la fede che supera ogni confine spazio-temporale: “l’anima non abita dentro il proprio tempo / porta con sé una fragranza lontana”.

La volontà di partecipare alla storia, quella mitologica e millenaria e quella più recente (l’assassinio di Pasolini, il consumismo, il delirio televisivo, la corruzione ambientale e morale), si scontra con il timore di non riuscire a giustificare l’assedio del reale (“Io dicevo alle montagne: ‘cadete sopra di me’ / e alle colline: ‘nascondetemi’”).

Nella ricchezza di originali metafore visive e uditive, i versi di Mendonça si accendono di colori e suoni quando descrivono la natura assolata od ombrosa, che nel fitto della vegetazione, nel violento abbattersi delle tempeste o negli abissi siderali, mantiene traccia di un passaggio celeste: “il fruscio d’argento del fogliame / anticipa il passo dell’angelo, nel buio”, “in mezzo a quella terra incolta  / eriche, rovi, lentischi, mirti e ginestre / crescono come se lì ci fosse qualcosa / grazie a cui restare in vita”.

Se all’apparire di un segno soprannaturale si accompagna il silenzio, incapace di mentire (“prendi in bocca / il silenzio e immergiti con lui / fino al fondo / in questo consiste la vera devozione”), ecco che allora anche il ricordo di un volto amato, di un respiro sottile fa sussultare il tempo, supera ere geologiche e spazi cosmici, crea “punti di luce” nel buio del presente, con la dolcezza del sentimento condiviso.

 

© Riproduzione riservata          «L’Indice dei Libri del Mese», n. II – febbraio 2024